Controlli e liti

Preclusione limitata sui documenti non esibiti alla verifica

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di Rosanna Acierno

La preclusione probatoria della documentazione non esibita durante la verifica tributaria opera soltanto in presenza di una richiesta circostanziata da parte dell’ufficio. Di conseguenza, per pronunciarsi nel merito della controversia, il giudice di merito è comunque tenuto ad esaminare la documentazione che il contribuente non ha esibito prima ai verificatori, laddove non sia stata fatta esplicitamente richiesta. Sono le principali conclusioni a cui è giunta l’ ordinanza 7011/2018 depositata il 21 marzo, con cui la Cassazione si è pronunciata sugli effetti derivanti dalla mancata esibizione preventiva di documenti probatori nel corso delle attività di verifica.

In particolare, la vicenda posta a base della pronuncia in esame riguarda un avviso di accertamento con cui l’agenzia delle Entrate aveva revocato in capo a una Srl un’agevolazione fiscale ai fini Iva.

Impugnato tempestivamente dalla società, nel frattempo fallita, l’atto impositivo veniva ritenuto illegittimo sia dal Collegio di merito di primo grado che da quello di secondo grado, sulla base della documentazione contabile (nella specie, fatture passive) non esibita prima all’Ufficio in sede di verifica, ma prodotta dalla curatela fallimentare soltanto in sede di ricorso.

L’agenzia delle Entrate impugnava per Cassazione la sentenza pronunciata dalla Ctr, eccependo che i giudici regionali non avevano, peraltro, rilevato la preclusione probatoria dei documenti contabili prodotti tardivamente.

Gli articoli 32 del Dpr 600/1973 e 52 del Dpr 633/1972, nel disciplinare gli effetti sul piano probatorio derivanti dal rifiuto di esibire la documentazione richiesta dagli uffici nel corso dell’accesso o nelle indagini «a tavolino», stabiliscono che tutto ciò che il contribuente non ha prodotto non può essere utilizzato, né nel prosieguo dell’indagine, né nella fase contenziosa.

Nel respingere il ricorso proposto dall’agenzia delle Entrate, la Suprema corte ha, innanzitutto, precisato che la preclusione di utilizzo dei documenti non prodotti deve essere letto alla luce del principio di collaborazione e buona fede statuito dall’articolo 10 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000), gravante sia in capo al contribuente che in capo all’amministrazione finanziaria. Se da un lato, infatti, i verificatori devono formulare una specifica richiesta di informazioni e documenti, il contribuente è comunque tenuto ad assumere un comportamento collaborativo e trasparente, rispettoso dei canoni di correttezza e diligenza.

Tuttavia, ai fini della preclusione è necessario che al contribuente venga richiesto uno specifico documento e che allo stesso siano resi noti gli effetti derivanti dalla mancata presentazione.

Pertanto, ad avviso dei giudici di legittimità, soltanto in presenza delle condizioni la preclusione probatoria può operare, sempreché l’inadempienza non sia ascrivibile a forza maggiore, o a caso fortuito (documentazione rubata, smarrita o dispersa per calamità naturali) o anche alla mera colpa del contribuente.

Cassazione, ordinanza 7011/2018

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