Prestito dei soci con ritenuta d’acconto sui presunti interessi
È legittimo l’accertamento per la ritenuta di acconto sugli interessi passivi di un finanziamento soci: in assenza di prova contraria, infatti, si presume fruttifero, con la conseguenza che è corretta l’applicazione della ritenuta. A fornire questo chiarimento è la Corte di cassazione con l’ordinanza 3819 depositata ieri.
L’agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento a una società con il quale recuperava, tra i diversi rilievi, anche la ritenuta sugli interessi passivi corrisposti ai soci. Più precisamente, la società aveva ricevuto un finanziamento dai propri soci senza che fosse esplicitata la natura fruttifera o meno dello stesso.
La società impugnava il provvedimento e, solo in grado di appello, il giudice lo riteneva illegittimo. In merito agli interessi, la Commissione tributaria regionale riteneva che non vi fosse alcuna prova sulla fruttuosità del prestito e pertanto era illegittimo il recupero della ritenuta.
L’Agenzia ricorreva così in Cassazione, lamentando sul punto un’errata interpretazione della norma. Infatti, secondo l’amministrazione vige una presunzione per la quale il finanziamento va considerato oneroso, salvo prova contraria, ed è pertanto legittimo il recupero della ritenuta.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la doglianza. Innanzitutto, richiamando precedenti pronunce, hanno ricordato che la dimostrazione della mancata percezione degli interessi attivi sulle somme date a mutuo incombe sul contribuente.
L’articolo 1815 Cc prevede che, salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Analogamente, l’articolo 45 del Tuir prevede che per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto, gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo di imposta. Se la misura non è determinata per iscritto, gli interessi si computano al saggio legale. È, pertanto, corretto ritenere il prestito fruttifero.
Nell’ordinamento, quindi, esiste la presunzione di fruttuosità dei finanziamenti, con la conseguenza che è il contribuente a dover dimostrare di non avere diritto agli interessi. A ciò consegue che la società di capitali che ha ricevuto il prestito deve considerare la quota di interessi e su questi applicare la ritenuta di acconto, così come previsto per tale tipologia di reddito dall’articolo 26 del Dpr 600/73.
Sul punto la Cassazione ha evidenziato che c’è l’obbligo della ritenuta sia quando la corresponsione è effettivamente avvenuta, sia anche quando è solo presunta dalla legge. Nella sentenza non è precisato il criterio per l’individuazione del momento di effettuazione della citata ritenuta. Tuttavia, è verosimile che quando la società imputa per competenza la quota di interessi, contestualmente deve provvedere al versamento della ritenuta.
Cassazione, ordinanza 3819/2018