Controlli e liti

Pretesa ridefinita, il giudice deve motivare

Per la Cgt di secondo grado i giudici devono rideterminare le pretese fiscali spiegando sulla base di quali elementi concreti siano giunti a tale conclusione

La rideterminazione della pretesa fiscale da parte del giudice tributario deve essere motivata alla luce degli elementi probatori allegati dalle parti e non può pertanto avvenire in maniera apodittica. Sono i principi desumibili dalla sentenza n. 3298/23/2022 della Ctr della Lombardia (presidente Nocerino, relatore Gaeta).

A seguito di una verifica fiscale condotta nei confronti di una società nel settore della vendita e riparazione di macchine agricole, viene riscontrata una differenza fra le rimanenze risultanti dalla contabilità sociale e quelle esistenti in magazzino. L’agenzia delle Entrate di Bergamo dà seguito agli esiti della verifica emettendo un avviso di accertamento ai fini Ires, Irap e Iva per l’anno 2015, con il quale recupera a tassazione maggiori ricavi presumendo la vendita «in nero» delle macchine agricole non presenti nel magazzino della società. In particolare, l’ufficio fa applicazione della presunzione recata dall’articolo 1, comma 1, del Dpr 441/1997, secondo cui si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni.

La Ctp ha accolto parzialmente il ricorso, rideterminando la pretesa fiscale in applicazione di una percentuale di ricarico inferiore a quella utilizzata dall’ufficio per la quantificazione dei maggiori ricavi rivenienti dalla cessione dei beni in evasione di imposta. L’ufficio però propone appello e l’avviso di accertamento viene integralmente confermato dalla Ctr.

Nel caso di specie i giudici di appello rilevano che la percentuale di ricarico utilizzata dall’ufficio nell’avviso di accertamento (pari al 56% del costo dei beni) era corrispondente a quella utilizzata dalla società per la medesima annualità d’imposta e dalla stessa dichiarata ai fini degli studi di settore. Tale percentuale era stata ridotta dai giudici della Ctp ritenendo che «nel caso concreto appaia più consona l’applicazione della percentuale di ricarico nella misura del 30%». Per la Ctr la decisione di primo grado è illegittima perché i giudici hanno rideterminato la pretesa fiscale senza spiegare sulla base di quali elementi concreti siano giunti a tale conclusione. Lo scostamento rispetto alla percentuale di ricarico dichiarata dalla stessa società negli studi di settore non può avvenire sulla base di mere supposizioni, ma necessita di elementi probatori circostanziati. Peraltro, secondo la Ctr tali elementi non sono stati forniti dalla società contribuente nemmeno in sede di appello, con la conseguenza che l’avviso di accertamento viene integralmente confermato e la società condannata al pagamento delle spese di lite.

La pronuncia è meritevole di interesse perché affronta il complesso tema dei limiti del sindacato giurisdizionale sull’atto impugnato, secondo un modello processuale che per la giurisprudenza costante della Corte di cassazione è di «impugnazione-merito».

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