Procedura vincolata per la categoria rurale con effetto retroattivo
Il Dl 70/2011 ha disciplinato le modalità attraverso cui i contribuenti possono fare attribuire agli immobili, con effetto retroattivo, la categoria A/6 e D/10 «in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda». È evidente che tale disposizione si riferisce solo alle richieste di classamento presentate con la procedura di cui all’articolo 7 del menzionato decreto e non ad altre.
A fornire questa precisazione è la Cassazione mediante la sentenza n. 19814/2019 .
Nel suo ricorso per Cassazione l’ente locale ha lamentato la violazione della disciplina richiamata in quanto l’accatastamento dei fabbricati nella categoria catastale D/10 si è perfezionato nelle annualità 2009 e 2010 e pertanto non in forza del Dl 70/2011, con la conseguente impossibilità di attribuire allo stesso l’efficacia retroattiva prevista dal richiamato decreto.
A parere del Collegio di legittimità il motivo del ricorso è fondato in quanto costituisce principio di diritto, affermato dalle sezioni unite della suprema corte (sentenza 18565/2009), la circostanza che l’immobile venga iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale” con l’attribuzione della relativa categoria catastale (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’articolo 9 del Dl 557/1993, convertito in legge n. 133/1994, e non sia quindi soggetto all’Ici.
Va precisato che la disciplina prevista dal Dl 70/2011 si riferisce esclusivamente alle richieste di classamento presentate con la procedura di cui ai commi 2 bis, 2 ter e 2 quater dell’articolo 7 del predetto decreto (commi in seguito abrogati dall’articolo 13, comma 14, lettera d-bis) del Dl 201/2011 a decorrere dal 1° gennaio 2012) e non ricorrendo ad altri iter. Tutto ciò, pertanto, non può risultare applicabile alla vicenda in esame in quanto la richiesta di classamento è stata presentata negli anni 2009 e 2010 e, di conseguenza, non può beneficiare delle opportunità previste da una norma emanata successivamente (2011), i cui effetti non sono assistiti dalla efficacia retroattiva quinquennale prevista dalla disciplina citata (Cassazione ordinanza 12663/2017).
Con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 14 settembre 2011, infatti, sono state individuate le modalità applicative e la documentazione necessaria per la presentazione della certificazione per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati.
Per le unità immobiliari strumentali all’attività agricola, è stata confermata, come per tutti gli immobili a destinazione speciale, la stima diretta e l’attribuzione della categoria D/10, mentre per i fabbricati strumentali censiti è stata modificata la sola categoria, ferma restando la rendita catastale già attribuita in fase di accatastamento.
L’elemento che crea confusione e che legittimerebbe, secondo taluni, l’uso retroattivo della rendita variata, è la previsione dell’attestazione del possesso “in via continuata” a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda dei requisiti previsti per il riconoscimento della ruralità.
Tanto il decreto ministeriale quanto la circolare n. 6/T/2011 dell’Agenzia del territorio non hanno travalicato il confine di operatività tracciato dal Dl 70/2011 e di conseguenza non hanno operato quell’integrazione del dato normativo che avrebbe potuto risolvere alcuni problemi interpretativi, favorendo però o la posizione degli enti impositori o quella dei contribuenti, rimaste fatalmente contrapposte.
Cassazione, sezione tributaria, sentenza 19814 del 23 luglio 2019