Il CommentoDiritto

Processi tributari, riforma improcrastinabile

L’ipertrofico ricorso alla Cassazione in materia tributaria è una devianza della trattazione processuale

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di Enrico De Mita

La relazione del primo presidente della Corte di Cassazione pone, oggi, con la massima urgenza l'introduzione immediata di correttivi al processo tributario. Il 50% circa dei processi pendenti in Cassazione è tributario. Il 50% circa delle sentenze tributarie delle Commissioni regionali viene riformato in Cassazione.

Il sistema del processo tributario implode in Cassazione. Il ruolo del giudice tributario a tempo perso (tempo libero) o a tempo parziale (secondo lavoro in chiaro dei pensionati) si traduce in peso insostenibile per il sistema giudiziario o ingovernabile variabile indipendente per il sistema economico. La certezza del diritto non può essere un ideale debole. Il diritto tributario non è filosofia del diritto. Ma è il centro del sistema economico e della sua tenuta. È, ancor più, il fondamento dello Stato sociale, come superiore interesse fiscale, costituzionalmente garantito. Sia nell'uno che nell'altro senso ogni incertezza è intollerabile.

Parlare oggi di codificazione sembra quasi evocare un fantasma, chiamato a confortarci, ma che rimane pur sempre un'entità impalpabile, almeno invisibile.

Nell'attuale emergenza che, come ricordato dal presidente Mattarella, è sanitaria, sociale ed economico-finanziaria, occorre affidarsi a pochi concetti chiari e realizzabili.

Il processo tributario ha bisogno di giudici, tanto più nello Stato post-Covid o, più semplicemente, nell'Italia che rinasce. Più di tutti l'appello tributario sembra – oggi – una fase preliminare del giudizio di cassazione.

Bisogna considerare che il processo tributario non può reggersi su due gradi di giudizio di merito persi e su un unico grado di giudizio, per altro solo di legittimità, nel quale eccezionalmente la Corte di Cassazione può conoscere del merito ex articolo 384 Codice di procedura civile e giudicare, conseguentemente, in via definitiva.

La necessità fisiologica del ricorso in Cassazione è una patologia del sistema processuale tributario. Nella maggior parte dei casi, infatti, la scelta di ricorrere per Cassazione, tanto negli uffici, quanto nei contribuenti, è una conseguenza diretta dell'approssimazione con la quale vengono compulsati gli atti del fascicolo di causa e dell'erroneità, quando non si tratta di aperta omissività, con la quale, in punto di diritto, vengono affrontate, e decise, le questioni giuridiche di rito e di merito.

Anche di recente, la Cassazione ha evidenziato come le questioni pregiudiziali assorbenti spesso vengono erroneamente ritenute assorbite.

L'ipertrofico ricorso alla Corte Suprema rappresenta una deviazione della fisiologica trattazione processuale delle controversie sostanziali tributarie. È umanamente comprensibile la reazione della pronuncia di inammissibilità cui spesso ricorre la Suprema Corte. Ma è giuridicamente inaccettabile, per palese violazione del giusto processo, assuefarsi ad un sistema che non affronta e non risolve processualmente le questioni di rito e di merito e irrigidisce, anche sul piano pratico, l'allontanamento dal diritto del rapporto d'imposta.

È quasi inutile insistere sulla trattazione delle violazioni dello Statuto dei diritti del contribuente. Come più volte detto, lo Statuto esiste in tanto in quanto violato.

Corrisponde ad una prospettiva di lunghissimo periodo evocare lo spettro antico della codificazione tributaria. Accontentiamoci di un minimo di razionalità nella produzione normativa. Il legislatore è spesso richiamato al suo ruolo dalla Corte costituzionale.

Non può, invece, soddisfare un processo d'appello tributario che produce sentenze prive di motivazione, oppure con motivazione ipersintetica, che la Cassazione tende a salvare anche per falcidiare l'enorme arretrato, protetta dal grande ombrello del novellato articolo 360, n. 5, del Codice di procedura civile.

Anche quest'ultima norma necessita di immediata modifica per le gravissime violazioni dei diritti delle parti processuali che, in forza di tale norma novellata, già sono state perpetrate.

Servono correttivi immediati. Troppo spesso si trascura che la funzione impositiva è una funzione condivisa tra ufficio e contribuente. Essa procede, anzitutto, dall'atto del contribuente. Prosegue nell'eventuale atto dell'amministrazione finanziaria. Su quest'ultimo, può intervenire l'accertamento giudiziale che rappresenta, prima ancora dello stesso atto del contribuente, il punto di raccordo e di tenuta del sistema tributario. Il contribuente e gli uffici devono sapere che ogni deviazione dalla corretta applicazione delle norme tributarie troverà puntuale censura nel merito in un giudice professionalmente specializzato e giuridicamente formato.

La generalizzazione della giurisdizione tributaria ha escluso i tribunali ordinari dalla cognizione, sia pur residuale, del rapporto obbligatorio d'imposta. Ad essa, tuttavia, non si è associata un professionalizzazione del giudice tributario che si pone, oggi, con la massima urgenza alla luce degli stessi numeri forniti dal primo presidente della Corte.