Processo tributario, rischio-inammissibilità ad ampio raggio
L’assistenza tecnica e la difesa nel processo tributario sono chiamate a rinnovarsi profondamente a seguito dell’entrata in vigore del processo tributario telematico, introdotto con decreto del Mef 163/2013; in base alle tempistiche differenziate stabilite per l’intero territorio nazionale, i dottori commercialisti e gli avvocati dovranno abbandonare le modalità tradizionali previste dal Dlgs 546/92 per adottare quelle informatiche del Sistema informativo della giustizia tributaria (Sigit), che - di sicuro - consentiranno di alleggerire gli adempimenti, anche formali, connessi con l’instaurazione del giudizio e la sua successiva prosecuzione.
In questo modo, si completerà la digitalizzazione già avviata dalle commissioni tributarie, che utilizzano - già da tempo - le pec dei difensori per le comunicazioni; tuttavia, occorre prestare la massima attenzione al corretto adempimento dei nuovi obblighi, sia perché non presentino profili di criticità in relazione alle norme vigenti, sia per evitare i rischi che gli strumenti informatici possono, talvolta, comportare.
Non va dimenticato, infatti, che l’articolo 18 del Dlgs 546/92 impone che la sottoscrizione del difensore sia apposta materialmente sul ricorso (altrettanto dicasi per l’appello, ai sensi dell’articolo 53) e - soprattutto - che la sua mancanza sia causa di inammissibilità dell’atto. Ne consegue, pertanto, che, fino a quando le norme processuali tributarie non prevederanno, in modo espresso, che la sottoscrizione - per così dire - “tradizionale” venga sostituita con la firma elettronica, si corre il rischio che l’atto informatico sia ritenuto illegittimo, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero sul piano processuale; del resto, lo stesso decreto 163/2013 sembra consentire che il documento informatico venga, comunque, sottoscritto materialmente (articolo 4, terzo comma), così come il Codice dell’amministrazione digitale (Dlgs 82/2005), cui il primo rimanda, non appare escludere che, con la firma digitale, ci si limiti a garantire la provenienza del documento (articolo 24, commi 1 e 2).
Quanto all’aspetto tecnico, è importante sottolineare il rischio che i documenti affetti da virus informatici possano essere scartati dalla piattaforma Sigit, che, per questo, li darebbe per non presentati; protocollo assolutamente necessario (dovendosi salvaguardare l’integrità dei dati presenti in anagrafe tributaria, dove confluiscono i file), ma che dovrebbe consigliare di mettere a disposizione degli utenti una piattaforma antivirus comune. Solo così, infatti, si renderebbero uniformi gli aggiornamenti, che, diversamente, sarebbero - inammissibilmente - lasciati alla maggiore o minore tempestività dei singoli programmi degli utenti.
In caso di file infetti, peraltro, potrebbe essere prevista una ricevuta di scarto, che, pur dando atto della data di invio (indispensabile al fine del rispetto dei termini processuali, posti a pena di decadenza), ne consenta la ripresentazione entro un termine breve, come già accade per lo scarto delle dichiarazioni dei redditi (che possono essere ritrasmesse entro 5 giorni).
Lo strumento telematico, dunque, si presenta come un banco di prova importante per la crescita del processo tributario e che ne rafforzerà quella specificità ed autonomia a torto messe in dubbio nel recente passato.