Proroga moratoria senza segnalazione alla centrale rischi
La banca può variare il rating in funzione del mutato merito di credito dei debitori dopo la proroga delle moratorie
La banca può variare il rating dell'impresa in funzione del mutato merito di credito dei debitori che si sono avvalsi della proroga delle moratorie, indipendentemente dal divieto di classificare a sofferenza le imprese che richiedono la moratoria stessa, così come confermato dalla Banca d'Italia anche recentemente.
A chiarirlo, in risposta a un'interrogazione parlamentare in commissione Finanze alla Camera, è Maria Cecilia Guerra sottosegretaria al Mef: resta autonoma per la banca la valutazione del merito creditizio delle imprese, e dunque l’eventualità che l’impresa possa aver richiesto una proroga della moratoria può comportare (non da sola) conseguenze rilevanti per la classificazione dei relativi crediti da parte della banca.
Il divieto di classificare a sofferenza un cliente che ha richiesto una moratoria è senz’altro fuori discussione, ed è peraltro ben comprensibile, considerando che gli inadempimenti legati agli omessi pagamenti derivanti dalla sospensione delle rate non possono certamente rilevare ai fini di un default ad essi correlato.
Vi sono, tuttavia, altre ragioni per le quali le banche – anche se il cliente non ha un singolo euro scaduto, eventualmente proprio in seguito ai benefici delle moratorie – possono classificare tale credito come forborne (performing o meno) ovvero inadempienza probabile (unlikely to pay – UTP) a fronte della ragionevole previsione che l’incasso futuro del credito non possa avvenire senza il ricorso alle eventuali garanzie esistenti.
Questo approccio forward looking comporta che la banca debba prescindere dalla circostanza che attualmente il cliente sia “formalmente” puntuale con i pagamenti grazie alla moratoria: qualora la banca ritenesse che senza la moratoria l'impresa sarebbe stata incapace di pagare le rate del debito in scadenza, le conseguenti teoriche e potenziali difficoltà finanziarie del cliente condurranno probabilmente a classificare il credito come forborne.
La conseguenza di tale classificazione – trasversale rispetto a quella UTP – è un incremento degli accantonamenti della banca; qualora inoltre il valore attuale netto del credito (NPV) oscilli di più dell'1% a seguito delle misure di concessione richieste – che spostano in avanti le date di incasso – la banca sarebbe purtroppo costretta a passare a default il credito.
Va ricordato che la centrale dei rischi non evidenzia tutti gli eventi di default, ma solo quelli derivanti dallo scaduto rilevante e dalla sofferenza: i crediti UTP non sono infatti comunicati al sistema, né lo sono le classificazioni a forborne: è possibile che l'impresa (ed eventuali altri soggetti che hanno occasione di consultare i dati di CR) non sia quindi in grado di rilevare la situazione di default così come derivante dalla classificazione della banca.
Non vi è un nesso logico biunivoco tra la classificazione dei crediti da parte della banca e le notizie ai terzi derivanti dalla centrale dei rischi: la banca è tenuta a proprie valutazioni in autonomia, che prescindono dal ricorso ad un beneficio di legge come le moratorie di Stato.