Controlli e liti

Pubblicità, i decori della vetrina non scontano l’imposta

L’utilizzo di immagini stilizzate e senza marchio non fa scattare il prelievo

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di Massimo Romeo

Qualora in un esercizio commerciale, che si occupa della vendita di vari prodotti (fra cui anche cosmetici), siano apposte delle vetrofanie contenenti rappresentazioni grafiche di contenitori stilizzati e colorati, queste ultime non devono essere soggette all'imposta sulla pubblicità; ciò in quanto tali vetrofanie non possono essere considerate un invito ad acquistare questo o quel prodotto laddove i contenitori in esse rappresentati, in modo stilizzato ed anonimo, non recano nessun marchio, nessun logo e, in generale, nessun messaggio pubblicitario, né l'indicazione di informazioni o segni grafici che possano, anche solo genericamente e/o indirettamente, richiamare l’immagine e/o l’idea di uno specifico prodotto. In tale circostanza difetta il requisito dell'idoneità obiettiva delle immagini riprodotte nelle vetrofanie a far conoscere il nome, l'attività ed i prodotti commercializzati. Così si pronuncia la Commissione tributaria regionale per la Lombardia con la sentenza 2901/2020.

Il caso riguarda una società, esercente l’attività commerciale della vendita di prodotti cosmetici (e non solo) che ha impugnato un avviso di accertamento per omesso versamento dell'imposta comunale sulla pubblicità dovuta per le vetrofanie apposte sulle vetrine del negozio.

I giudici di primo grado respingevano il ricorso ritenendo che le vetrofanie dovessero considerarsi mezzi pubblicitari (ex articolo 5, comma l, Dlgs 507/93) in quanto contenenti la rappresentazione di immagini stilizzate (flaconi, rossetti, stick per mascara e altro) considerate pertinenti all'attività commerciale della ricorrente. Secondo la Ctp, le immagini rappresentate nelle vetrofanie per le loro caratteristiche sarebbero particolarmente efficaci e accattivanti e tali da attirare l'attenzione del passante, specie di quello occasionale, che ricollegherebbe le immagini alla particolare attività commerciale esercitata (ovvero proprio quella di vendita di prodotti cosmetici).

Nel presentare appello, la società ha sottolineato come nessuna funzione pubblicitaria poteva obiettivamente attribuirsi alle vetrofanie per l'evidente e chiara assenza di qualsivoglia richiamo a prodotti effettivamente in commercio.

Una tesi accolta dai giudici d'appello: sia la normativa nazionale (Dlgs 507/1993) che, a livello locale, individuano il presupposto dell'imposta nel “messaggio pubblicitario” che è quindi chiaramente l'oggetto dell'imposizione fiscale. La rappresentazione grafica di contenitori stilizzati e colorati (l'oggetto delle vetrofanie di cui all'avviso di accertamento impugnato) di per sé non possiedono i requisiti ben specificati anche dalla Cassazione.

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