Quadro RW, le relazioni personali provano la residenza
È tenuto alla compilazione del quadro RW il cittadino ufficialmente residente all'estero che, pur essendo proprietario in un immobile nello Stato estero, convive di fatto in Italia: è infatti irrilevante la proprietà essendo sufficiente la mera disponibilità e la sussistenza di relazioni personali.
A fornire questo chiarimento è la Corte di cassazione con la sentenza n. 26638 depositata ieri.
Un cittadino russo impugnava un atto con il quale l'agenzia delle Entrate aveva irrogato delle sanzioni per l'omessa presentazione del modulo RW relativamente ad ingenti investimenti esteri.
In particolare si difendeva eccependo di essere residente all'estero e pertanto di non aver alcun obbligo dichiarativo in Italia.
Peraltro, secondo la convenzione con la Federazione russa contro le doppie imposizioni, un soggetto è residente nello Stato nel quale ha un’abitazione permanente.
Nella specie, il cittadino russo era proprietario di un immobile a Mosca e nell'anno di imposta considerato era risultato presente per 183 giorni.
Entrambi i giudici di merito annullavano la pretesa, confermando le ragioni del contribuente.
L’agenzia delle Entrate ricorreva così in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un'errata interpretazione della norma.
La Suprema corte ha innanzitutto verificato se con la locuzione “abitazione permanente” dovesse considerarsi la proprietà di un immobile ovvero anche la semplice disponibilità dello stesso. Secondo il modello di convenzione elaborato in sede Ocse, la persona fisica è considerata residente nello Stato nel quale ha a disposizione «a permanent home available», dovendo necessariamente intendersi un alloggio di cui il contribuente può disporre stabilmente a qualsiasi titolo.
La caratteristica della permanenza, infatti, non può identificarsi nella proprietà, ma nel fatto che il soggetto possa disporre a suo piacimento per periodi temporali indeterminati.
Nella specie, il cittadino russo era convivente con una signora italiana a Milano e, anche alla luce delle modifiche intervenute sul riconoscimento delle convivenze, di fatto disponeva di una abitazione permanente in Italia.
In ipotesi di esistenza in entrambi gli Stati di una abitazione permanente, la convenzione prevedeva che ai fini dell'individuazione dello Stato di residenza, occorreva fare riferimento all'ubicazione delle relazioni personali ed economiche. Ne conseguiva così che doveva essere assoggettato ad imposta nel nostro Paese. Da qui l'accoglimento del ricorso dell’amministrazione finanziaria.
Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza 26638 del10 novembre 2017