Quei diritti del contribuente dimenticati anche dalla Consulta
Il contribuente non sembra godere di grandi favori presso la Consulta. O così appare, almeno leggendo le pronunce rese dalla Corte Costituzionale tra il 13 ed il 14 luglio scorsi: ben cinque decisioni, tutte sfavorevoli al contribuente.
Sicuramente la prima, la sentenza n. 181 del 13 luglio, con cui è stata dichiarata infondata la questione sollevata dalla Ctp di Chieti in ordine alla non impugnabilità del silenzio dell’Agenzia su un’istanza di autotutela. Certo, qui gli argomenti della Corte appaiono ineccepibili.
Perché è vero che l’autotutela è espressione di un potere discrezionale dell’Amministrazione, come è vero - nelle parole della Corte - che configurare «il dovere dell’amministrazione di rispondere all’istanza di autotutela significherebbe, … creare una nuova situazione giuridicamente protetta del contribuente, per giunta azionabile sine die dall’interessato». Ma è altrettanto vero che accettare la soluzione dell’assoluta incontestabilità innanzi ad un giudice del silenzio dell’Amministrazione verso un’istanza di autotutela significa avvallare una profonda stortura del sistema, che premia l’inattività e tradisce nel profondo quel principio di leale collaborazione che dovrebbe informare i rapporti Fisco-contribuente.
Decisamente avverse al contribuente sono poi state le tre ordinanze (la n. 187, n. 188 e la n. 189), che hanno dichiarato inammissibili i quesiti sollevati dalla Ctr Toscana, dalla Ctp Siracusa e dalla Ctr Campania circa la portata del contradittorio endoprocedimentale e volti a rimediare all’infausto orientamento delle Sezioni Unite (n. 24823/2015), secondo cui il contraddittorio, non costituendo un principio immanente dell’ordinamento, è obbligatorio solo per i tributi cosiddetti armonizzati, mentre per quelli non armonizzati lo diviene solo laddove previsto. Anche qua la Corte ha però tradito le aspettative dei contribuenti, con pronunce di spessore processuale ma di inevitabile sapore politico. La questione probabilmente è rimandata; certo è che il rigore manifestato dalla Consulta nel valutare la sussistenza delle condizioni di ammissibilità è stata letta da molti come un cattivo auspicio. Infine, la sentenza n. 199 del 14 luglio, che ha dichiarato infondato il dubbio di legittimità sollevato dalla Ctr Campania sulla possibilità di produrre per la prima volta i documenti in appello (articolo 58, comma 2, del Dlgs. 546/1992).
Qui, a rigore, non è propriamente una pronuncia “contro”, dal momento che la regola vale per tutte le parti; è però vero che è sovente il contribuente (il quale è gravato da ben altre preclusioni alla produzione documentale) a subire le tardive allegazioni documentali della parte pubblica. In conclusione, con ogni probabilità la Corte non poteva pronunciarsi in modo diverso e auspicabilmente le pronunce attese sono solo rinviate.
Il problema è che la Consulta era assurta, negli ultimi tempi, ad una sorta di ultimo baluardo a difesa del contribuente, verso il Legislatore, verso una certa giurisprudenza e verso l’Agenzia. Le attese sono rimaste tradite e ciò non fa che amplificare la sensazione di isolamento.