Adempimenti

Raccolta fondi anche in forma organizzata e continuativa

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di Gabriele Sepio

Da sempre gli enti non profit sono soliti a manifestazioni di raccolta fondi e campagne di sensibilizzazione su temi specifici, per avvicinare i potenziali sostenitori e raccogliere risorse da impiegare nelle attività benefiche realizzate.

Oggi questa possibilità viene messa a regime con la riforma e trova una sua disciplina sia sotto il profilo civilistico che fiscale.

La prima novità riguarda le modalità di svolgimento della raccolta: gli Ets potranno dedicarsi al fundraising non solo occasionalmente ma anche in forma organizzata e continuativa. In questo modo, sarà possibile “brevettare” dei meccanismi di raccolta fondi da poter utilizzare anche tutto l’anno, magari in abbinamento a forme di cessione/erogazione di beni o servizi di modico valore. Questo, a ben vedere, dovrebbe avvenire senza rispettare dei parametri quantitativi, come invece previsto per le attività diverse. Infatti, se, da un lato, la raccolta fondi condivide con queste ultime il fine di finanziamento, dall’altro ha una matrice diversa e riceve una disciplina ad hoc (articolo 7 del Cts).

Essa, quindi, non dovrebbe essere soggetta agli stessi limiti di secondarietà e strumentalità previsti per le attività diverse ma al solo vincolo di destinazione dei fondi raccolti a supporto delle attività di interesse generale. Sotto il profilo fiscale, invece, la partita si gioca tutta sulle modalità con cui la raccolta fondi viene concretamente svolta (occasionale o sistematica) e sulla natura (erogativa o corrispettiva) delle relative entrate. Sul punto, una prima indicazione è contenuta nello stesso Dlgs 117/17, che all’articolo 79, comma 4 disciplina il trattamento fiscale di queste operazioni. In base a tale disposizione, sono sicuramente non imponibili i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore, da parte di Ets non commerciali. Ciò, a prescindere da qualsiasi valutazione in merito alla corrispettività o meno dell’operazione. È il caso, ad esempio, delle classiche campagne in favore della ricerca scientifica, che, in occasione di particolari festività o ricorrenze, prevedono la cessione ai donatori di beni come uova pasquali o arance.

Al di fuori di questa ipotesi, invece, bisogna valutare la natura dei proventi conseguiti. I fondi derivanti da erogazioni liberali sono sempre irrilevanti sotto il profilo fiscale, sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini Iva. Si pensi, ad esempio, ai numeri di telefono solidali attivi tutto l’anno per finanziare specifici progetti oppure al recente fenomeno del “birthday charity” che sta spopolando su facebook. Mancando un corrispettivo, tali ipotesi non configurano in alcun modo esercizio d’impresa e quindi non sono soggette a tassazione.

Discorso diverso quando la dazione di denaro costituisce il corrispettivo per un bene/servizio ricevuto. Si dia il caso di un Ets che nell’ambito di una raccolta fondi continuativa vende beni sul proprio sito internet, con un “prezzo” imposto. In questo caso, la presenza dei requisiti di sistematicità nella raccolta e l’esistenza di uno scambio potrebbero far venire in secondo piano l’eventuale modicità del bene ceduto, con conseguente qualificazione delle entrate come commerciali.

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