Diritto

Rafforzati i poteri dell’Autorità garante della concorrenza

Sanzioni raddoppiate: potranno arrivare a 10 milioni di euro

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di Fausto Caronna

Il diritto dei consumi continua a essere interessato da interventi riformatori, in risposta alle sempre più accentuate esigenze di tutela dei consumatori (parte “debole” per via delle asimmetrie nei rapporti con le imprese), causate dalla rivoluzione digitale, dal successo nella realizzazione del mercato interno e, allargando lo sguardo, dalla globalizzazione.

La risposta del legislatore è stata duplice: modernizzare le norme sostanziali nel tentativo di tenere il passo con gli sviluppi tecnologici e, soprattutto, rafforzare gli strumenti per garantirne l’esecuzione e, dunque, l’effettività dei diritti dei consumatori.

Il decreto legislativo 26 del 7 marzo 2023 – in vigore da ieri, domenica 2 aprile, e con il quale è stata recepita la direttiva 2019/2161 – costituisce un passo importante in questa direzione e si inserisce in una linea evolutiva che si viene disegnando secondo due traiettorie: crescente ruolo del public enforcement e sua europeizzazione (nei limiti consentiti dai Trattati istitutivi dell’Unione europea, che non contemplano poteri esecutivi della Commissione); e linea di confine sempre più labile tra private e public enforcement.

Oltre a nuove norme disegnate su noti fenomeni dei mercati digitali e non – quali divieti di diffusione di fake review e del secondary ticketing, regolamentazione degli annunci di riduzione di prezzi e delle attività di marketing dual quality – il decreto legislativo 26/2023 prevede un forte inasprimento delle sanzioni per illeciti consumeristici, in Italia affidate all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Sono infatti previste sanzioni fino a 10 milioni di euro per pratiche scorrette o violazioni dei diritti dei consumatori (raddoppiate rispetto al tetto di 5 milioni di euro fin qui applicabile), e fino al 4% del fatturato dell’impresa, laddove tali illeciti, in quanto di dimensione “europea” (ossia, che interessino almeno tre Stati membri), siano oggetto di una procedura esecutiva da parte di più autorità nazionali, secondo il meccanismo di coordinamento previsto dal regolamento (Ue) 2017/2394 che istituisce un network di autorità preposte alla tutela dei consumatori nell’Unione.

Sulla stessa linea d’onda sono stati attribuiti all’Autorità pieni poteri (sanzionatori, inibitori e cautelari) anche in materia di clausole vessatorie, allineandoli a quelli di cui essa è dotata per le pratiche scorrette. Si tratta di una novità di grande rilevanza, specie per i settori – come quelli dell’energia, del credito, delle assicurazioni e delle telecomunicazioni – caratterizzati da normative speciali che comunque vincoleranno i margini di azione dell’Autorità.

Il rafforzato ruolo affidato all’Autorità va, senza dubbio, salutato con favore: risponde, infatti, alle aumentate esigenze di tutela che si sono sopra richiamate. E tuttavia solleva allo stesso tempo delicate questioni, che andranno affrontate con equilibrio e senza indugio.

Sullo sfondo c’è il pericolo che un innalzamento eccessivo del livello di tutela dei consumatori, bloccando legittime iniziative imprenditoriali, possa aprire derive iper-regolatorie lesive della concorrenza, in assenza della quale la tutela dei consumatori perderebbe il proprio stesso terreno di gioco.

Più in concreto, c’è, in primo luogo, l’esigenza di coordinare il ruolo del giudice amministrativo (chiamato a sindacare la legittimità delle decisioni dell’Autorità) e del giudice ordinario (chiamato ad applicare il diritto dei consumi nei rapporti tra privati).

L’esigenza di coordinamento è tanto più evidente se si pensa, per un verso, che il decreto legislativo 26/2023 prevede anche che i consumatori lesi da pratiche scorrette possano adìre il giudice ordinario per ottenere rimedi proporzionati ed effettivi, compresi il risarcimento del danno e, ove applicabile, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto (ciò che, probabilmente, darà nuova linfa ad azioni dinanzi ai giudici ordinari, individuali, di classe o rappresentative, appena introdotte nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 28/2023, in vigore dal 7 aprile 2023) e, per altro verso, che i provvedimenti dell’Autorità a tutela dei consumatori hanno natura di prova privilegiata nei giudizi civili (Cassazione 23655 del 31 agosto 2021).

In secondo luogo, l’inasprimento sanzionatorio e la responsabilità affidata all’Autorità, vero e proprio crocevia dell’azione a tutela del corretto funzionamento del mercato, rendono ancor più evidente e non più procrastinabile l’esigenza di un complessivo ripensamento delle garanzie nei procedimenti in materia di tutela dei consumatori dinanzi all’Autorità, al fine di assicurare meglio il rispetto dei principi del contraddittorio, di trasparenza e la tutela dei diritti di difesa delle parti.

Il percorso è segnato. Resta da vedere quali risposte saranno date.

I punti chiave

Che cosa cambiaContro pratiche scorrette o violazioni dei diritti dei consumatori l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può irrogare sanzioni fino a 10 milioni di euro (oggi la soglia è 5 milioni) e, se gli illeciti sono di dimensione europea (cioè interessano almeno tre Stati membri), fino al 4% del fatturato dell’impresa.All’Authority sono inoltre attribuiti pieni poteri – sanzionatori, inibitori e cautelari – in materia di clausole vessatorie

Le esigenze
Le novità introdotte rendono necessario coordinare il ruolo del giudice amministrativo, chiamato a sindacare la legittimità delle decisioni dell’Autorità, e del giudice ordinario, che invece applica il diritto dei consumi nei rapporti tra privati.
Inoltre, visti i nuovi poteri dell’Authority, sarebbe opportuno ripensare le garanzie nei procedimenti in materia di tutela dei consumatori, per tutelare il contraddittorio e i diritti di difesa delle parti

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