Controlli e liti

Reati fiscali, stretta sulle sanzioni accessorie

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di Giovanni Negri

Nel caso di pluralità di reati tributari, unificati dal vincolo della continuazione, la durata della pena accessoria va determinata con riferimento alla pena principale inflitta per la violazione più grave. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 8041 depositata ieri, con la quale è stato accolto il ricorso presentato dalla Procura generale. Il tribunale aveva condannato due uomini a tre anni di detenzione per una pluralità di reati fiscali (emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, distruzione occultamento di scritture contabili); insieme alla pena principale, veniva inflitta anche una condanna alle misure accessorie (interdizione dalla direzione delle persone giuridiche, dalla rappresentanza e assistenza in materia tributaria, incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione) per la durata di un anno. E anche su questo punto si sono concentrate le contestazioni della Procura che ha sostenuto come, in realtà, la durata doveva essere di tre anni, pari cioè alla sanzione principale inflitta in applicazione della regola principale dell’articolo 37 del Codice penale.

La Cassazione avvalora questa lettura e mette in evidenza come l’articolo 37 deve essere applicato in tutti i casi in cui la pena accessoria è irrogata attraverso la previsione di un limite minimo o di un limite massimo di durata, come avviene per esempio nel caso della Legga fallimentare, con orientamento ormai consolidato in base al quale le misure accessorie sono pari alla pena della bancarotta semplice.

Però, prosegue la sentenza, «l’ampia formulazione delle disposizioni in esame fa sì che l’articolo 37 del Codice penale trovi applicazione anche nel caso in cui pena accessoria, come nella disciplina decreto legislativo n. 74 del 2000, ex articolo 12, sia comminata attraverso la previsione di un limite minimo e di un limite massimo di durata». Così, anche quando la previsione sulla pena accessoria stabilisce sia il minimo sia il massimo della durata della pena accessoria, deve trovare applicazione sia la regola generale sia quella secondaria dell’articolo 37.

In caso contrario, argomenta ancora la Cassazione, si ridurrebbe in maniera consistente l’area di applicazione della norma del Codice penale, che verrebbe in sostanza limitata alle ipotesi di pene accessorie disciplinate in assenza di qualsiasi limite nel minimo o nel massimo. Ne sarebbe cioè compromessa la portata generale che è invece attestata anche dalla sua collocazione nella struttura del Codice.

D’altra parte la disciplina delle pene accessorie temporanee, prevista dal decreto n. 74 del 2000, non ha profili di particolare incompatibilità con la regola generale del Codice penale: di conseguenza il tribunale avrebbe dovuto considerare come parametro per il conteggio per le misure accessorie, non determinate dal legislatore in misura fissa, la quantità di pena principale inflitta per i reati cui si riferiscono le pene accessorie in discussione.

In caso di continuazione, poi, la durata deve essere fissata con riferimento alla pena principale prevista per il reato più grave, con l’eccezione però dell’ipotesi di continuazione fra reati omogenei come nel caso esaminato, dove tutti i reati sono di natura tributaria. In quest’ultimo caso l’identità dei reati unificati comporta l’applicazione di una pena accessoria per ognuno «di modo che la durata complessiva va commisurata all’intera pena principale inflitta con la condanna».

Cassazione, sentenza 8041/2018

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