Controlli e liti

Reato di false fatture anche con la comunicazione via web

I cardini della condotta contestabile a chi invia indicazioni fittizie al Fisco

di Antonio Iorio

Le frodi sui bonus in edilizia si caratterizzano per la commissione, in estrema sintesi, di almeno tre delitti tributari:

1 . l’emissione di fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti (articolo 8 Dlgs 74/2000) al fine di evadere le imposte cui è equiparato (ex articolo 1 lettera d) del Dlgs 74/2000) anche il fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta, e del fine di consentirli a terzi;

2. l’indebita compensazione di crediti inesistenti superiori a 50mila euro (articolo 10 quater Dlgs 74/2000);

3. la dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di tali documenti da parte di chi riceve la prestazione e la indica in dichiarazione conseguendo un abbattimento dell’imponibile-imposta (articolo 2 Dlgs 74/2000).

In genere, nelle frodi caratterizzate da fatture per operazioni inesistenti, il “beneficiario” principale e artefice della frode è chi riceve le fatture false (perché può abbattere imponibile e imposta a fronte di un costo non sostenuto in tutto o in parte).

Nelle frodi sui crediti di imposta in edilizia il beneficiario della fattura (il cliente che avrebbe ricevuto i lavori) sicuramente potrebbe ottenere, a determinate condizioni, un vantaggio fiscale indebito ma, se cede il credito (come pare verificarsi di sovente) non è colui che ottiene i maggiori vantaggi. Ed infatti potrebbe verificarsi che i lavori siano stati eseguiti solo “cartolarmente” per maturare un credito da cedere e l’asserito destinatario dei lavori non sia neanche a conoscenza dei lavori avendo organizzato altri l’illecito.

Tecnicamente quindi potrebbe verificarsi che la fattura per operazioni inesistenti relativa ai lavori in realtà non sia servita (o non soltanto) per consentire l’evasione di chi ha ricevuto la fattura.

In tale contesto si tratta allora di comprendere se l’emissione di false fatture possa essere contestata solo alla ditta esecutrice dei lavori o anche a coloro che hanno effettuato comunicazioni dal contenuto fittizio via web sull’apposita piattaforma.

In base all’articolo 1 del Dlgs 74/2000 (lettera a) per «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie.

Quindi affinché le comunicazioni alla piattaforma web possano essere classificate alla stregua di un documento inesistente con conseguente rilevanza penale ex Dlgs 74/2000, occorre stabilire se esse abbiano «rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie» rispetto alle fatture.

Al momento non risulta giurisprudenza sul punto.

Più in generale la giurisprudenza penale non è del tutto univoca sull’individuazione dei documenti che non assolvono ad alcuna funzione probatoria ai fini fiscali.

Nelle pronunce recenti e più rigorose (Cassazione, sezione 3 penale n. 3344/2020) la Corte vi ha ricompreso, ad esempio, i documenti relativi alle richieste di uscita dagli spazi doganali, con allegati polizza di carico e documento di transito. Nella specie, secondo la Corte la nozione di «altri documenti» deve riferirsi a tutti i documenti cui le norme tributarie attribuiscono valore probatorio di fatture destinati ad attestare fatti aventi rilevanza fiscale.

Ancora (sentenza 9453/2018) i giudici di legittimità hanno attribuito rilevanza al documento di trasporto internazionale, Cmt o lettera di vettura internazionale perché assolve ad una funzione integrativa della fattura ed è documento idoneo a comprovare il trasferimento intracomunitario di merci a fini Iva.

Nella specie il criterio di equiparazione degli «altri documenti» alla fattura è stato individuato nella natura «funzionale» di tali documenti, che, in base a disposizioni tributarie, consente di equipararli alla fattura laddove possano sostituirla, integrarla, o ampliarne la funzione.

Sarà quindi interessante verificare se secondo la giurisprudenza rientrino nei documenti in questione anche le comunicazioni all’agenzia delle Entrate che, almeno in prima battuta, non sembrerebbero assolvere ad una funzione probatoria analoga alle fatture.

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