Controlli e liti

Recesso consentito se lo statuto limita il dividendo tra i soci

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di Angelo Busani ed Elisabetta Smaniotto

Compete il recesso ai soci della Spa i quali non votino a favore della deliberazione che introduce nello statuto una clausola finalizzata a destinare parte dell’utile dell’esercizio alla formazione di una riserva di patrimonio netto e che, quindi, limita la distribuzione del dividendo ai soci: lo ha deciso la Cassazione nella sentenza 13845/2019 priva di precedenti. Nel caso giunto in sede di giudizio di legittimità, per effetto di una operazione di fusione, i soci della società incorporata si sono trovati a essere soci di una società, quella incorporante, il cui statuto prevedeva una clausola per la quale la distribuzione di dividendi poteva avvenire solo dopo aver destinato una massiccia parte dell’utile d’esercizio alla riserva legale (in misura assai superiore a quella prevista dalla legge) e a una riserva straordinaria. I soci non consenzienti rispetto a questa deliberazione di approvazione del progetto di fusione avevano quindi esercitato il recesso, adducendo che il caso in questione rientrava nell’ambito della norma di cui all’articolo 2437, lettera g), del codice civile, la quale attribuisce una inderogabile facoltà di recesso al socio non favorevole alle deliberazioni che comportino «modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione». La Cassazione ha dunque avallato questa posizione, ritenendo che la modifica della clausola statutaria attinente alla distribuzione dell’utile influenza (e in negativo) i diritti patrimoniali dei soci e, quindi, i loro «diritti di partecipazione», perchè, prevedendo l’abbattimento della percentuale ammissibile di distribuzione dell’utile di esercizio, in considerazione dell’aumento della percentuale da destinare a riserva, altera la prerogativa degli azionisti a vedersi beneficiati con la distribuzione dell’utile di esercizio. In altre parole, l’espressione “diritti di partecipazione” di cui all’articolo 2437, lettera g), del codice civile, comprende in ogni caso – secondo la Cassazione – i diritti patrimoniali spettanti al socio e, tra questi, il diritto afferente alla percentuale dell’utile distribuibile in base allo statuto: ne deriva che la modifica di una clausola statutaria direttamente attinente alla distribuzione dell’utile, che influenzi in negativo i diritti patrimoniali dei soci, poiché diminuisce l’ammontare dell’utile di esercizio distribuibile ai soci, per la ragione che ne destina una parte a riserva, giustifica il diritto di recesso dei soci i quali non abbiano votato a favore della delibera in questione. La Cassazione, infine, precisa che la decisione assunta con questa sentenza 13845/2019 non deve essere letta in contrasto con quella contenuta nella sentenza 13875/2017, ove il giudice di legittimità, sostenne la necessità di un’interpretazione restrittiva dell’espressione «diritti di voto o di partecipazione», non concedendo il recesso in un caso in cui l’assemblea dei soci aveva deciso la modifica del quorum deliberativo occorrente per assumere decisioni assembleari. Nella sentenza del 2017 si sottolineò che, se si modificano i quorum, non si incide, né direttamente, né indirettamente, sui «diritti di voto o di partecipazione», ciò che invece, appunto, accade se si limita l’ammontare dell’utile di cui l’assemblea dei soci può decidere la distribuzione.

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