Adempimenti

Recupero veloce dell’Iva non dovuta

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di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Una delle norme della legge di bilancio che gli operatori hanno accolto con maggior favore riguarda la detrazione dell’Iva non dovuta, anche perché la scelta si discosta dal più stringente orientamento della giustizia Ue (sentenze C-424/12 e C-564/15). In base al nuovo testo dell’articolo 6, comma 6, Dlgs 471/97 e in linea con la “ratio” della revisione del sistema sanzionatorio (Dlgs 158/2015). Pertanto, se l’imposta è applicata in misura superiore a quella effettiva, resta fermo il diritto di detrazione per il destinatario della fattura, a condizione che il tributo sia stato assolto dal cedente/prestatore. L’errore di chi emette la fattura viene però sanzionato in capo al cessionario/committente con la sanzione fissa da 250 a 10 mila euro, senza solidarietà dell’emittente. Una penalizzazione che non sarà presa troppo male dai contribuenti, soprattutto se messa confronto con le conseguenze che tali situazioni determinavano in passato: recupero dell’Iva indetraibile, sanzione per indebita detrazione (90% dell’imposta) e sanzione per dichiarazione infedele (salvo cumulo), se la fattura ricevuta era stata anche inserita in dichiarazione. Il “favor rei” non dovrebbe essere in discussione, visto che si tratta di una disposizione migliorativa, ma è opportuno che su questo aspetto intervenga in fretta una conferma ufficiale.

Nel frattempo, il contribuente coinvolto in simili fattispecie farà bene a evidenziare nelle opportune sedi l’intervenuta modifica della norma. Diversi, comunque, sono i punti sui quali occorre fare chiarezza. In primo luogo, dovrà essere precisato cosa s’intende per imposta “erroneamente assolta” dal cedente/prestatore. Sull’analoga questione in materia di punibilità degli errori nell’applicazione del reverse charge, le Entrate (circolare 16/E/17) hanno indicato che, a tale scopo, è sufficiente che la fattura sia stata registrata dall’emittente e che sia confluita nella liquidazione di competenza. Il buon senso spinge per interpretare letteralmente tale indicazione, evitandone letture “disinvolte” da parte degli uffici periferici in sede di controllo ed estendendo la portata della precisazione alla nuova ipotesi. La norma parla di applicazione dell’imposta in misura superiore al dovuto. Logicamente, ciò dovrebbe voler dire che rientrano nell’ambito della disposizione, non solo le ipotesi di addebito dell’Iva con aliquota superiore a quella corretta, ma anche le situazioni in cui è fatturata con Iva un’operazione esente, non imponibile o fuori campo, restando invece fuori dalla previsione le ipotesi di operazioni ricadenti in inversione contabile ed erroneamente fatturate con Iva, essendo la fattispecie già regolata dall’articolo 6, comma 9 bis1, Dlgs 471/97.

Una specifica attenzione va riservata alla convivenza della norma con la previsione del nuovo articolo 30 ter, Dpr 633/72, introdotto dalla legge 167/2017 (legge europea), avente per oggetto la restituzione dell’imposta non dovuta.

Considerando che la disposizione dell’articolo 6, comma 6, Dlgs 471/97, dopo la modifica apportata, ammette la detrazione del tributo indebitamente addebitato, è infatti facile prevedere che siano destinati a ridursi i casi in cui il cessionario/committente chiede la restituzione al proprio fornitore dell’imposta erroneamente fatturata, con il conseguente possibile innesco della procedura di recupero del tributo. Ed è immaginabile che ciò avverrà quando l’Iva è, in tutto o in parte, indetraibile per il destinatario della fattura. In entrambe le disposizioni, inoltre, è contenuta la precisazione per cui non ha luogo la restituzione dell’imposta, in un contesto di frode fiscale. Escludere l’applicazione delle norme di favore in presenza di fenomeni frodatori è condivisibile; resta però da capire di quale “restituzione” si possa discutere nella fattispecie ora contemplata dal Dlgs 471/97.

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