Redditometro, rileva la somma disponibile
In materia di redditometro, la presunzione su cui è fondato l’accertamento può essere superata dimostrando il solo possesso di redditi legittimamente non indicati in dichiarazione. Non è quindi necessario dimostrare che l’acquisto dei beni o servizi sia avvenuto proprio con quelle somme. È quanto affermato dalla Ctr dell’Emilia Romagna con la sentenza 394/2/2019 (presidente Grandinetti, relatore Peticca).
L’accertamento redditometrico, disciplinato dall’articolo 38 Dpr 600/1973, è lo strumento che consente all’amministrazione finanziaria di ricostruire in via presuntiva il reddito della persona fisica sulla base di certi fatti-indice individuati dalla normativa: incrementi patrimoniali realizzati nel periodo d’imposta, quota di risparmio formatosi nell'anno, spese sostenute e già conosciute dal Fisco (perché tracciate, come ad esempio affitti, mutui, polizze) nonché spese che, anche se non conosciute dal Fisco, il contribuente non può non avere sostenuto in quanto derivano da elementi di cui dispone (come la casa o l’automobile, il cui possesso non può non generare determinate spese come l’assicurazione o le utenze). La presunzione determina un’inversione dell'onere della prova in capo al contribuente, il quale deve provare che quanto emerge come maggiore capacità contributiva in realtà è rappresentato da redditi diversi da quelli prodotti nello stesso periodo d’imposta o da redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile (ad esempio perché esenti o soggetti a ritenuta d’imposta).
Con riferimento alla prova contraria posta in capo al contribuente, si sono formati in giurisprudenza due orientamenti. Un primo orientamento, meno favorevole per i contribuenti (tra le altre, Cassazione 9904/2014, 4138/2013, 23785/2010), richiede che la prova contraria spettante al contribuente non riguardi la sola disponibilità di redditi legittimamente non indicati in dichiarazione, ma anche che l’acquisto di beni e servizi sia avvenuto proprio con quelle somme e non già con qualsiasi altro reddito dichiarato. Un secondo orientamento, meno rigoroso (tra cui Cassazione 6396/2014, 1455/2016 e 11388/2017), non richiede alcuna prova circa la reale destinazione delle somme, ma solo la dimostrazione della esistenza ed entità delle stesse, anche se va precisato che alcune pronunce (ad esempio Cassazione 8995/2014 e 17663/2014) hanno dato altresì rilevanza alla durata del possesso di tali somme nel giudizio di coerenza rispetto alle spese considerate dall’ufficio.
Nel solco dell’orientamento più favorevole ai contribuenti si pone la sentenza della Ctr Emilia Romagna, che riguarda un contribuente che negli anni 2007 e 2008 risultava proprietario di alcuni veicoli, di una abitazione principale e di due abitazioni secondarie in località turistiche, ed aveva altresì erogato somme a titolo di finanziamento infruttifero. La Ctr, confermando la sentenza di primo grado, annulla l’accertamento avendo il contribuente dimostrato la disponibilità, negli anni in esame, di considerevoli redditi diversi da quelli prodotti nello stesso periodo d’imposta, derivanti, in particolare, dalla dismissione di un fabbricato industriale in anni immediatamente precedenti a quelli accertati.