Imposte

Regime per cassa, la chance da non sprecare su rimanenze e perdite

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di Andrea Carinci

Sul nuovo regime di cassa per le imprese minori in contabilità semplificata, introdotto dalla legge di Bilancio 2017 (legge 232/2016) mediante la riscrittura dell'articolo 66 del Tuir, la conversione della manovrina rischia di essere un’altra occasione persa per mettere a punto una serie di modifiche necessarie a far funzionare il regime. Ora bisognerà capire se ci sarà un altro veicolo legislativo per risolvere i nodi più importanti, a cominciare delle perdite e delle rimanenze.

Ma facciamo un passo indietro. Il regime consiste nella tassazione per cassa nei redditi di impresa, con lo scopo dichiarato di «avvicinare il momento dell'obbligazione tributaria alla concreta disponibilità dei mezzi finanziaria evitando – analogamente a quanto già previsto per le attività professionali – esborsi per imposte dovute su proventi non ancora incassati» (circolare 11/E/2017). A parte l’intuitiva considerazione che bisognerà iniziare a prestare attenzione, in particolare negli ultimi giorni dell’anno, al pagamento e all’incasso di acconti, già qui si annida una prima complessità e possibile criticità. Il regime, infatti, non è di pura cassa, bensì misto, nel senso che per cassa saranno tassati i proventi e i costi della gestione caratteristica (ricavi e spese) mentre resteranno per competenza altre componenti, come le plus e le minus, le sopravvenienze, gli ammortamenti eccetera. Ma non solo. Perché a parte i ricavi e le spese, per cui è introdotto il nuovo regime di cassa, per gli altri componenti si rinvia semplicemente alle regole ordinarie, con la conseguenza che il sistema viene ad essere estremamente contorto: ci sono componenti per cassa in forza del regime ordinario delle imprese minori, componenti per competenza in ragione delle regole ordinarie e, infine, componenti per cassa in ragione delle regole ordinarie (ad esempio, gli interessi di mora). Vi sono però anche componenti anfibie, che vanno rilevate per cassa o per competenza a seconda dei casi: ciò accade per le sopravvenienze, che sono imputate per cassa se tese a rettificare componenti rilevate per cassa. Insomma, non proprio un regime ispirato ai dettami della semplificazione.

Un’altra criticità attiene al tema delle perdite su crediti. In effetti, in un regime pensato per cassa le perdite su crediti non dovrebbero rilevare: sennonché, dal momento che alcune componenti sono per competenza e che, poi, è stato previsto un regime per cui si presumono incassati i corrispettivi delle fatture registrate ai fini Iva (il regime opzionale di cui all’articolo 18, comma 5, Dpr 600/73), è parso inevitabile mantenere il regime delle perdite su crediti. Detto regime, tuttavia, sembrerebbe operare per competenza (si applicano i criteri di cui all’articolo 101 del Tuir), e questo potrebbe contribuire ulteriormente ad ingenerare confusione, se solo si immagina che una perdita, in un momento successivo, potrebbe avere un’evoluzione di segno contrario (ad esempio in forza di una sentenza di appello esecutiva).

Vi è infine il tema delle rimanenze. Anche in questo caso, a rigore, in un regime per cassa non ci sarebbe ragione per mantenere le rimanenze; sennonché nella circolare 11/E/2017 vi è un passaggio in cui sembrerebbe mantenere in vigore il Dl 69/1989 ai fini, tra l’altro, proprio della determinazione del valore delle rimanenze. Il passaggio, va detto, è ambiguo e si può prestare a interpretazioni contrapposte. Ad ogni buon conto, sarebbe opportuno un chiarimento per cui si dicesse che le rimanenze vanno rilevate, ma solo in termini fisici e non di valore, in considerazione del fatto che un monitoraggio della consistenza fisica delle rimanenze appare necessario ai fini del controllo, mentre non serve più una loro valorizzazione ai fini della determinazione del reddito. Il tema delle rimanenze si porta peraltro dietro quello delle perdite, dal momento che le rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente vanno portate interamente in deduzione del reddito del primo esercizio di applicazione del nuovo regime. A parte la considerazione di un possibile rischio di “lavaggio” dei magazzini gonfiati, vi è il concreto problema di gestione di queste perdite, che sono utilizzabili solo per compensare eventuali altri redditi di periodo ma non sono riportabili. C’è il concreto pericolo, quindi, di perderle e questo potrebbe costituire un deterrente forte per l’adesione al nuovo regime. Insomma un regime nuovo con spunti di indubbio interesse ma dove, forse, si è persa un’altra occasione di semplificazione, con il sospetto, che è oramai divenuta convinzione, che nel nostro ordinamento «riformare» non fa rima con «semplificare».

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