Controlli e liti

Registro al 9% per la cessione specultativa dell’immobile comunale

La sentenza 229/6/2022 nega l’esistenza di una ragione per applicare la tassazione agevolata che prevede l’imposta in misura fissa

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di Alessandro Borgoglio

La cessione di un complesso immobiliare da parte di un Comune a una società commerciale, lungi dal perseguire uno scopo pubblicistico, legato alla trasformazione del territorio, costituisce un mero negozio di diritto privato, in cui si contrappongono due opposti interessi e, quindi, non ricorre alcuna valida ragione per applicare la tassazione agevolata che prevede l’imposta di registro in misura fissa, dovendosi invece applicare l’aliquota proporzionale del 9 per cento, a nulla rilevando che il venditore sia un soggetto pubblico. Lo ha stabilito la Ctr Toscana con la sentenza 229/6/22.

Una Spa aveva acquistato da un grande Comune toscano una struttura immobiliare, adiacente al suo stabilimento, in cui era prima ubicata la sede di un liceo. Ai fini dell’autoliquidazione delle tasse d’atto veniva versata soltanto l’imposta di registro in misura fissa, in quanto si era ritenuta applicabile l’agevolazione in base all’articolo 20 della legge 10/1977, come modificato dall’articolo 1 della legge 205/2017, per cui ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo previsti dalla legge del 1977 si applica l’imposta di registro in misura fissa, con esenzione delle tasse ipocatastali. L’agenzia delle Entrate, però, non aveva condiviso tale tesi e, quindi, aveva recuperato l’imposta di registro in misura proporzionale, con aliquota del 9 per cento.

In effetti, la prassi delle Entrate ha sempre deposto nel senso che il trattamento tributario delle concessioni edilizie previste dalla legge 10/1977 attinenti beni di proprietà demaniale, in quanto finalizzate a un uso eccezionale dei beni stessi, sono soggette a imposta fissa di registro e sono esenti dalle imposte ipotecarie e catastali, sempre che rispondano alle esigenze di attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale (risoluzione protocollo 250692 del 1978 e più recentemente circolare 18/E/2013, paragrafo 4.15.2).

I giudici toscani, avallando tale impostazione, hanno stabilito che nel concetto di «convenzioni» di cui alla legge in questione rientrano sia quelle in materia di interventi di edilizia abitativa convenzionata ai fini del rilascio del permesso di costruire, sia le convenzioni che - pur assumendo nella prassi negoziale varie colorazioni e contenuti - sono finalizzate a dare la migliore attuazione possibile agli strumenti urbanistici. In generale, quindi, l’agevolazione fiscale in parola è finalizzata a favorire soltanto quei trasferimenti, destinati alla trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio (e quindi comunque riconducibili a un accordo o convenzione, da stipularsi tra privato ed ente pubblico), effettuati senza intenti speculativi, i quali svolgono una funzione ripartitoria-distributiva delle posizioni coinvolte, e non una tipica funzione di scambio negoziale.

Ne consegue che il regime agevolativo presuppone come elemento essenziale della fattispecie l’esistenza di un accordo e/o convenzione finalizzata alla trasformazione del territorio nell’interesse della collettività, restando fuori dall’ambito applicativo della norma tutte quelle operazioni negoziali che, pur entrando a far parte di una più ampia programmazione di natura pubblicistica, realizzano, di fatto, interessi meramente individualistici, come avvenuto nel caso esaminato.

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