Imposte

Registro all’1% solo sui beni in Italia per l’atto esecutivo della divisione estera

La risposta a interpello 349 precisa che nel calcolo entra solo il valore di parte di massa ereditaria che è oggetto di divisione in Italia

immagine non disponibile

di Angelo Busani

Nel caso di divisione stipulata all’estero, avente a oggetto beni situati all’estero e beni immobili situati in Italia, all’atto “esecutivo” di tale divisione che sia firmato in Italia (al fine di farne pubblicità nei Registri immobiliari italiani e in Catasto) si applica l’imposta di registro con l’aliquota dell’1 per cento, calcolata sulla base imponibile rappresentata dal valore dei beni siti in Italia e oggetto dell’atto esecutivo stipulato in Italia.

È quanto afferma l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 349 del 17 maggio 2021 in relazione allo scioglimento di una comunione ereditaria formatasi in seguito al decesso di una persona residente in Germania, la cui eredità comprendeva sia beni in Germania che beni in Italia.

In Germania era dunque stato stipulato un atto divisionale con attribuzione dei beni siti in Germania a un dato coerede e con attribuzione dei beni esistenti in Italia ad altro coerede. Dovendosi “importare” questo atto in Italia, si è dunque posto il tema della tassazione applicabile all’atto di divisione nel momento in cui esso viene recepito in Italia al fine di dare esecuzione al “lato italiano” di questa divisione.

Ebbene, dopo aver rilevato che, trattandosi di una persona residente all’estero, l’imposta di successione italiana si applica solo per i beni esistenti in Italia, l’Agenzia delle Entrate ha considerato che il caso esaminato può essere parificato a quello del contratto recante uno stralcio divisionale, vale a dire il contratto con il quale uno dei comunisti (mediante l’assegnazione esclusiva di un bene comune a suo favore) viene estromesso da una comunione, la quale continua avendo come partecipi gli altri comunisti, le cui quote di contitolarità sul residuo patrimonio comune subiscono una proporzionale espansione a fronte dell’estromissione del comunista stralciato.

Così ragionando, quando si procede in Italia all’esecuzione della divisione avente a oggetto la “parte italiana” dei beni ereditari, si deve giocoforza assumere, quale base imponibile cui applicare l’imposta di registro con l’aliquota dell’1 per cento (vale a dire l’aliquota propria dei contratti di divisione), non il valore di tutta la massa ereditaria, bensì solamente il valore di quella parte di detta massa che è oggetto di divisione in Italia.

Una volta, dunque, stabilito questo presupposto, si procede con le regole ordinarie: vale a dire che se la quota di fatto (e, cioè, il valore dell’assegno divisionale) coincide con la quota di diritto (e, cioè, il valore spettante al singolo condividente sull’intera massa), ci si ferma alla predetta tassazione con l’aliquota dell’1 per cento. Se, invece, questa coincidenza non c’è e si forma una differenza di valore superiore al 5 per cento, sul “conguaglio” che si forma (a prescindere che esso sia pagato, o meno, da un condividente all’altro) occorre versare l’imposta di registro calcolata con l’aliquota d’imposta applicabile al trasferimento dei beni che sono oggetto di assegnazione divisionale (e, quindi, non più con l’aliquota dell’1 per cento).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©