Adempimenti

Appalti e regolarità fiscale, nel consolidato si considera anche l’imposta teorica

La circolare 1/E chiarisce i requisiti di che consentono di disapplicare la disciplina su ritenute e compensazioni

di Valentino Tamburro

Il paragrafo 3.1 della circolare 1/E del 12 febbraio 2020 detta importanti chiarimenti sui requisiti di regolarità fiscale e contributiva che l’appaltatore deve rispettare per disapplicare la nuova disciplina in materia di ritenute e compensazioni nei contratti di appalto. I requisiti di regolarità fiscale sono attestati dalla certificazione rilasciata dall’agenzia delle Entrate (nel caso di committenti privati) o tramite autocertificazione (nel caso in cui il committente sia una pubblica amministrazione).

La normativa primaria
Le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici che intendano “disapplicare” la nuova disciplina dovranno dimostrare ai committenti diversi dalla Pa, allegando un’apposita certificazione rilasciata delle Entrate, il possesso congiunto di una serie di requisiti raggruppabili in due categorie:
la prima attinente alle “prime fasi” del procedimento di attuazione delle imposte;
la seconda attinente alle “fasi successive” del procedimento.

Rispetto prima categoria di requisiti, l’impresa, oltre a essere in attività da almeno tre anni, deve essere in regola con gli obblighi dichiarativi e deve aver effettuato, nei periodi d’imposta a cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, complessivi versamenti nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni.

Rispetto alla seconda categoria di requisiti, l’impresa non deve avere a proprio carico iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’Irap, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a 50mila euro per i quali i termini di pagamento siano scaduti e «siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione». Con il provvedimento del 6 febbraio 2020 è stato chiarito che il debito fiscale/contributivo deve essere considerato al netto di interessi, sanzioni ed oneri diversi.

I chiarimenti della circolare 1/E del 12 febbraio 2020
Con la circolare sono stati meglio precisati i parametri da considerare al fine di calcolare il rapporto del 10% tra gli importi versati e l’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni.

Prima di analizzare nel dettaglio gli importi che devono essere inseriti in tale rapporto, occorre individuare il triennio di riferimento. Per le società costituite dal 1° gennaio 2017, non essendo possibile il riscontro in relazione alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta 2019, per il quale i termini sono ancora pendenti, in base alle istruzioni fornite dalle Entrate è sufficiente effettuare il rapporto in questione facendo riferimento alle sole dichiarazioni dei redditi riferite ai periodi d’imposta 2017 e 2018. Al numeratore di tale rapporto andranno inseriti i versamenti effettuati tramite modello F24 in relazione a tributi, contributi e premi assicurativi Inail, al lordo dei crediti compensati, facendo riferimento ai periodi d’imposta a cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, salvo quanto detto per le società costituite a partire dal 1° gennaio 2017.

La circolare contiene un importante chiarimento in merito alle società consolidate che partecipano ad un consolidato fiscale, per le quali sarà considerata la cosiddetta “imposta teorica” corrispondente al reddito complessivo proprio attribuito al consolidato fiscale. Si tratta di un’interpretazione coerente con la ratio della norma, che non è certamente quella di contrastare le operazioni di tax planning perfettamente legittime come il consolidato fiscale. Non possono invece essere inseriti nel numeratore i versamenti relativi ai debiti iscritti a ruolo. Al denominatore del rapporto devono essere inseriti i ricavi o i compensi complessivi risultanti dalle dichiarazioni presentate nel medesimo triennio.

Le irregolarità in materia di Iva
Dall’analisi dei requisiti di tax compliance che l’impresa appaltatrice deve dimostrare al committente al fine di disapplicare la nuova disciplina, è importante rilevare, infine, che non risulta ostativo alla disapplicazione della stessa la sussistenza di un avviso di accertamento emesso ai soli fini Iva, superiore a 50mila euro, anche se definitivo e non pagato, in quanto il tributo unionale non è incluso nell’elenco di quelli per i quali è richiesta la regolarità fiscale.

Cosa accade quando il contratto di appalto è stipulato con la Pa
Sul modello di certificato di regolarità fiscale che l’Agenzia sta rilasciando in questi giorni è espressamente previsto che: «Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi (articolo 40, del Dpr 445 del 28 dicembre 2000, come modificato dall’articolo 15, comma 1, della legge 183 del 12 novembre 2011)».

Nella circolare è stato chiarito che nel caso in cui il committente sia una pubblica amministrazione trovano applicazione le disposizioni previste dal Dpr 445 del 2000 e, pertanto, la sussistenza dei requisiti di regolarità fiscale dovrà essere oggetto di autocertificazione.

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