Controlli e liti

Resta automatica la confisca per equivalente

di Claudio Ceradini e Alberto Iadanza

Con la sentenza della Corte di cassazione dell’11 maggio 2017 n. 23161 trova conferma l'applicazione automatica della confisca per equivalente, prevista per i reati tributari dall’articolo 12-bis Dlgs 74/2000, a seguito di pronuncia di condanna o di applicazione pena ex articolo 444 del Codice di procedura penale.

Tale misura sanzionatoria, introdotta con l’articolo 1, comma 143 della legge 244/2007 che ampliò l’operatività dell’articolo 322-ter del Codice penale ai reati di cui al Dlgs 74/2000, colpisce i beni che costituiscono profitto o prezzo del reato, salvo che appartengano a persona diversa dal reo, ovvero un equivalente valore, quando ai beni non sia possibile accedere.

Il contesto tributario di operatività della confisca per equivalente è delicato, posto che ne sono destinatari beni che non sono in rapporto di pertinenzialità con il reato, differenziandosi in questo diametralmente dalla misura di sicurezza della confisca diretta e/o facoltativa ai sensi dell’articolo 240 codice penale.

Il carattere di strumento essenzialmente repressivo a fini restitutori della confisca per equivalente, da cui la definizione di “forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti” (Cassazione penale 30484/2015), demarca una diversa operatività rispetto alla confisca diretta.

La Cassazione, con sentenza a Sezioni unite 10561/2014, innovando sensibilmente la platea dei destinatari del provvedimento cautelare finalizzato alla confisca, ammette il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo nell'interesse della società quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto siano più nella disponibilità della persona giuridica.

Con quella sentenza la Suprema corte ha ribadito inoltre l’esclusione della confisca per equivalente sui beni della persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante, quando non sia rinvenibile il profitto del reato, salva solo l’ipotesi in cui la stessa società sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo dietro cui l’amministratore agisce come vero titolare.

Quali infine le sorti della confisca per equivalente in caso di estinzione dei reati tributari a seguito di condotte riparatorie? L’articolo 12-bis del Dlgs 74/2000, come riformato con Dlgs 158/2015, prevede l’inapplicabilità dell’istituto in caso di totale soddisfacimento dell’erario e/o di assunzione del relativo impegno.

Anche in questo caso, tuttavia, il sequestro finalizzato alla confisca rimane efficace sino al positivo esito dell'accordo raggiunto. La disciplina prevede quindi che la confisca non operi, anche in presenza di sequestro, per il debito che il contribuente si impegni a versare all'erario, precisando che sia in ogni caso disposta in caso di successivo mancato versamento. Sul punto è intervenuta la Corte di cassazione, con sentenza 5728/2016, chiarendo che la locuzione non opera utilizzata dall’articolo 12-bis non esclude in radice l’adozione della misura ablatoria, che “non diviene efficace” per la parte coperta dall'impegno, ben potendo poi essere disposta qualora non venga rispettato e se il versamento di quanto pattuito non si verifichi.

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