Imposte

Resta possibile la verifica sulla regolarità urbanistica delle unità ristrutturate

Su tempi e modalità delle sanzioni restano incertezze risolte solo in parte dalla giurisprudenza

di Gianlorenzo Saporito

Le pubbliche amministrazioni sono strette tra l’incudine ed il martello perché le norme sui bonus fiscali hanno molto semplificato le procedure, declassando a manutenzione straordinaria tutto ciò che prima veniva definito come ristrutturazione.

Solo la demolizione e ricostruzione eccede infatti dall’utilizzo della Cila semplificata appena varata: qualsiasi altro intervento di calibro inferiore resta affidato a procedure leggere, avulse dalla storia urbanistica dell’immobile sul quale si interviene. Per di più gli interventi che fruiscono del superbonus sono immuni da quei recuperi fiscali (articolo 49, Dpr 380/2001) che intimorivano fortemente gli abusivisti, inducendoli a richieste di sanatoria a volta molto onerose.

Oggi, resta solo l’articolo 119, comma 13 quater del decreto legge 34/2020 a difendere la coerenza delle procedure edilizie, rendendo possibile una verifica, anche dopo la fruizione di bonus, sull’intera storia degli immobili sotto l’aspetto della regolarità urbanistica (ferma cioè restando l’irripetibilità dei bonus già fruiti).

Lo scontro tra proprietari e amministrazioni locali è serrato per gli immobili meno recenti, dei quali è difficile ricostruire la dettagliata storia di licenze, autorizzazioni e permessi. Per di più, il susseguirsi di compravendite diluisce le responsabilità, poiché spesso gli abusi (o le semplici irregolarità) non sono state effettuate dai proprietari attuali. Sul tema si segnala un orientamento severo dei giudici amministrativi di appello, che qualificano le procedure sanzionatorie come collegate al bene immobile e non alla persona del proprietario del tempo; più possibiliste sono le sentenze di primo grado (Tar Lazio Lazio 1861/2017 e Toscana 263/2018), che danno peso all’affidamento del privato.

Incerto è anche il confine sui tempi per sanzionare abusi: l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ammette (sentenza 8/2017) anche intervalli di decenni tra abusi e sanzioni, pur sottolineando (sentenza 9/2017) l’onere di adeguata motivazione che deve assistere qualsiasi provvedimento afflittivo che sopravvenga a distanza di tempo, specialmente quando la sanzione non è meramente pecuniaria ma ripristinatoria (demolizione).

Altre incertezze sono generate dal possibile sovrapporsi di provvedimenti espressi e favorevoli, su una situazione originariamente abusiva: a volte si è sostenuto che un titolo edilizio parziale e successivo non sana situazioni illegittime anteriori (Tar Brescia 1135/2016); altre volte invece si è ritenuto che occorre tutelare l’affidamento del privato che confida in atteggiamenti coerenti dell’amministrazione, la quale non può quindi sanzionare ciò che poco prima ha implicitamente sanato (Consiglio di Stato 3372/2018).

Anche se l’amministrazione comunale ha un atteggiamento comprensivo, favorevole alla sanatoria generalizzata di abusi minimi o storicizzati, la giurisprudenza si esprime in senso ondivago, escludendo sanatorie di fatto (Corte costituzionale 233/2015, su una legge della Regione Toscana).

A volte poi le parti si invertono, e non è il Comune ad agire contro i proprietari che abbiano commesso abusi, bensì sono i proprietari che, dopo aver acquistato un immobile con abusi edilizi remoti e mai accertati, chiedono un risarcimento al Comune per i comportamenti omissivi che hanno causato danni alle iniziative economiche.

Di questo problema si sono interessate sia la Corte europea dei diritti dell’uomo (6390/18), che le Sezioni unite della Cassazione. Queste ultime, con un orientamento favorevole ai cittadini ignari degli abusi altrui, hanno ritenuto che (4889/2019) si può chiedere a un Comune il risarcimento dei danni per omessa vigilanza delle prescrizioni urbanistiche da parte di imprese costruttrici, nel caso in cui sia stato acquistato un fabbricato facendo affidamento sia sulla conformità alla legge ed alla vigente disciplina urbanistica dei relativi titoli abilitativi e sulla conformità del bene, qualora si sia poi scoperto che l’immobile era affetto da svariate irregolarità edilizie ed urbanistiche, tanto gravi da renderlo parzialmente abusivo, inidoneo all’uso ed incommerciabile.

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