Rettifica della detrazione: per i beni ammortizzabili valutazioni a fine anno
La soluzione sarebbe la più semplice, ma urge il chiarimento delle Entrate
Una delle conseguenze del passaggio di regime – da forfettario a ordinario e viceversa – è la rettifica della detrazione Iva. Con le nuove regole, l’uscita dal regime può infatti essere “immediata” e bisogna valutare con attenzione gli effetti del meccanismo.
Si tratta, in particolare, di una rettifica da cambio di regime ex articolo 19-bis.2, comma 3, del Dpr 633/1972. Secondo tale norma, la rettifica è eseguita limitatamente ai beni e ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati e, per i beni ammortizzabili, se non sono trascorsi quattro anni (nove in caso di immobili) da quello dell’entrata in funzione.
Beni e servizi non usati
Per beni e servizi la rettifica è eseguita in un’unica soluzione, senza attendere il materiale impiego degli stessi (circolare 73/E/2007). Nella sostanza, se un bene è stato acquistato nell’anno, prima dell’uscita “istantanea” dal regime forfettario, non è stata operata la detrazione. Se lo stesso bene non è ancora stato ceduto o utilizzato (un caso ricorrente potrebbe essere quello di un bene merce) scatta la rettifica e, quindi, la possibilità di recuperare l’imposta inizialmente non detratta.
Lo stesso vale per i servizi non utilizzati. Sul punto va ricordato che la circolare 13/E del 2008, paragrafo 2.2, ha affermato che per i servizi “di durata” (nel caso di specie si trattava di rata e maxi-canone di leasing) la rettifica va operata in relazione alla frazione di imposta corrispondente al periodo di residua durata del contratto.
Beni ammortizzabili
Più complesso il ragionamento per i beni ammortizzabili. A parere di chi scrive, la soluzione preferibile, anche in un’ottica di semplificazione, sarebbe quella secondo cui la detrazione va operata considerando la situazione alla fine dell’anno. In caso di uscita “istantanea”, questo significherebbe che l’anno in cui si verifica l’evento è un anno per cui spetta la detrazione.
Si ipotizzi un soggetto che nel 2021 era in regime Iva ordinario. Lo stesso soggetto nel 2022 è passato in regime forfettario e, pertanto, nella dichiarazione relativa al 2021 ha rettificato i 4/5 dell’Iva sul bene ammortizzabile acquistato nello stesso anno. Nel 2023 supera 100mila euro di ricavi/compensi ed esce “istantaneamente” dal forfait. Seguendo il ragionamento proposto, il 2023 è un anno “ordinario” e, pertanto, sarebbe possibile recuperare i 3/5 dell’Iva sul cespite 2021.
In questa logica, se lo stesso contribuente acquistasse un bene ammortizzabile anche nel 2023 prima dell’uscita dal regime, potrebbe recuperare l’imposta non detratta direttamente in dichiarazione (in tal caso non si tratterebbe di rettifica in senso proprio, avvenendo nello stesso periodo).
In alternativa, si potrebbe considerare indetraibile il “quinto” se l’acquisto fosse avvenuto ante uscita, e al contrario si potrebbe esercitare la detrazione per gli acquisti successivi. Una simile impostazione sarebbe però difficilmente conciliabile in relazione ad acquisti effettuati in anni precedenti: l’anno di fuoriuscita sarebbe da considerarsi con detrazione spettante o no? La quadratura potrebbe consistere a questo punto nel determinare la quota detraibile del “quinto” in funzione dei mesi di applicazione del regime forfettario e di quello ordinario, come nelle ipotesi di operazioni straordinarie. Tale soluzione risulta però di difficile applicazione, visto che la dichiarazione annuale non implica la compilazione di più moduli in questi casi.
Serve quindi un chiarimento tempestivo delle Entrate che permetta agli operatori di pianificare le scelte d’investimento in un quadro di regole certe.