Imposte

Riconoscimento della ruralità, la retroattività si «ferma» al quinquennio dalla domanda

di Gian Paolo Tosoni

Il riconoscimento della ruralità a seguito della presentazione della domanda di variazione non può avere efficacia retroattiva oltre il quinquennio dalla presentazione della domanda. Il principio emerge dall’ ordinanza 12289/2017 della Cassazione .

La questione trae origine dal ricorso per Cassazione proposto avverso la sentenza con cui la Ctr Toscana, confermando la precedente decisione della Ctp, accoglieva i ricorsi presentati dal contribuente e annullava gli avvisi di accertamento emessi per il mancato pagamento dell’Ici su alcuni immobili rurali per gli anni 2003, 2004 e 2005.

Due i motivi di ricorso proposti dalla ricorrente: in primo luogo, si contestava l’errato riconoscimento della retroattività della procedura di variazione catastale di cui dall’articolo 7, comma 2 bis del Dl 70/2011 e dall’articolo 14-bis del Dl 201/2011 oltre i cinque anni precedenti; inoltre, si contestava la mancata indicazioni delle ragioni logiche e giuridiche in base alle quali la Ctr riconosceva l’efficacia della predetta retroattività ben oltre il quinquennio previsto dalla norma.

La Corte, nell’accogliere il ricorso proposto, anzitutto richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai sensi del combinato disposto del comma 1-bis dell’articolo 23 del Dl 207 del 2008 e dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del Dlgs 504/1992, non sono soggetti ad Ici gli immobili che siano stati iscritti nel catasto dei fabbricati come “rurali”, con l’attribuzione della categoria A/6 o D/10, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti di ruralità previsti dall’articolo 9 del Dl 557 del 1993 (sentenza 18565/2009). In sostanza, i giudici affermano che, ai fini del riconoscimento della esenzione da Ici, ciò che rileva è il classamento del fabbricato, indipendentemente dallo svolgimento nel fabbricato di attività di manipolazione o trasformazione di prodotti agricoli (Cassazione 16737/2015; 7930/2016). Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente impugnare l’atto di classamento al fine di ottenere l’esenzione; allo stesso modo, qualora sia il Comune a ritenere che l’immobile sia privo dei requisiti per poter beneficiare della esenzione, egli stesso dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.

Successivamente, a seguito di ampi dibattiti e contenziosi inerenti la sussistenza dei requisiti di ruralità, e la necessità o meno di accatastare i fabbricati rurali in determinate categorie, l’articolo 7, comma 2-bis, del Dl 70 del 2011, ha riconosciuto la possibilità di presentare all’Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione all’immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. La domanda doveva essere presentata entro il 30 settembre 2011 (poi prorogata al 30 novembre 2012) e doveva contenere un’autocertificazione nella quale il richiedente dichiarava che l’immobile possedeva, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità previsti dall’articolo 9 del Dl 557/1993. Come precisato dall’articolo 2, comma 5 ter del Dl 102/2013 l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali produce gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità di cui al citato articolo 9 del Dl 557/1993 a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda.

Pertanto, sostengono i giudici nella ordinanza in esame, le disposizioni contenute nel Dl 70/2011 e nelle leggi successive rafforzano l’orientamento già adottato dalla Suprema corte in quanto disciplinano le modalità attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità; tuttavia, tale procedura non può esperire retroattivi anteriori al quinquennio previsto dalla norma.

Tale conclusione non è condivisile in quanto l’articolo 9 del Dl 557/1993 definisce la natura di fabbricato rurale nel rispetto di requisiti oggettivi, a nulla rilevando la classificazione catastale. Infatti, come si può dire che una stalla utilizzata da sempre per il ricovero degli animali possa essere rurale dal 2006 (5° anno precedente all’annotazione) e non per gli anni precedenti, pur non avendo cambiato destinazione od utilizzo?

Cassazione, ordinanza 12289/2017

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