Contabilità

Riduzione del quorum senza recesso

di Angelo Busani

Non vi è diritto di recesso, per i soci non consenzienti, nel caso di deliberazione di assemblea straordinaria di Spa che abbassi, al livello di quelli previsti dalla legge, i più elevati quorum deliberativi che siano dettati nello statuto della società. Lo decide la Corte di cassazione nella sentenza n. 13875 di ieri, 1° giugno 2017, destinata a essere menzionata negli annali della giurisprudenza in materia, sia per essere la prima adottata sul punto sia perché interviene in una materia assai difficile e, perciò, assai controversa.

Si tratta infatti di interpretare il disposto della lettera g) dell'articolo 2437 del codice civile, il quale prevede il diritto di recesso per i soci assenti o dissenzienti nel caso di deliberazioni aventi a oggetto «modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione».

Secondo la Cassazione, anzitutto, questa espressione normativa ha senso se il concetto di “diritti di partecipazione” non sia ritenuto comprensivo del concetto di “diritti di voto” e se ai due ambiti, dunque, si attribuiscano diversi significati. Ebbene, secondo la Cassazione, quando la legge parla di “diritti di partecipazione” questo concetto deve essere riferito ai soli diritti economici derivanti al socio dalla titolarità delle azioni, e cioè al “diritto di partecipazione agli utili”. Quindi, si tratta di un ambito che non viene coinvolto da una deliberazione assembleare (come quella oggetto del giudizio giunto in Cassazione) che attiene alla modificazione dei quorum deliberativi dell'assemblea dei soci.

Non esistono invece dubbi sull'interpretazione dell'espressione “diritti di voto”, la quale ha la sua principale esplicazione nell'articolo 2351 del codice civile, per il quale «ogni azione attribuisce il diritto di voto». Si tratta quindi di capire a cosa allude il legislatore quando sancisce il recesso in caso di “modificazione” dei diritti di voto.

Secondo la Cassazione, si ha dunque questa situazione quando i diritti di voto vengono variamente limitati. Ad esempio, se le azioni prive del voto vengono dotate di diritto di voto; se, in caso di azioni con voto esprimibile solo su determinati argomenti, viene modificato l'ambito delle materie nelle quali le azioni hanno diritto di voto; se, in caso di azioni che hanno il voto al ricorrere di determinate condizioni, viene mutato il novero di queste condizioni; se viene introdotta una soglia percentuale di possesso azionario oltre la quale le azioni perdono il diritto di voto o se, esistendo in statuto la previsione di una tale soglia, essa viene variata; se a determinate azioni viene attributo un voto plurimo: se vengono introdotti strumenti finanziari partecipativi dotati del voto in assemblea.

Per i giudici di legittimità, invece, nel caso di modificazione del quorum deliberativo assembleare, «i diritti di voto nel loro assetto statutario non sono modificati affatto, né direttamente, né indirettamente, ma permangono immutati: ciò che eventualmente si modifica è il “peso” del voto, che può aumentare o diminuire, in maniera più o meno rilevante, a seconda dei casi. Ma il diritto al voto commisurato alle azioni rimane tutt'affatto immutato».

In questo caso, dunque, si verifica, semmai, in via di mero fatto un ipotetico pregiudizio del titolare di quel pacchetto azionario che, prima della delibera, poteva condizionare le scelte della società, mentre, dopo la delibera che riduce il quorum, non può farlo perché la modificazione del quorum non glielo consente più. Tuttavia, nel sistema delineato dalla lettera g) dell'articolo 2437 del codice civile, il sorgere del diritto di recesso non è affatto collegato a un qualche pregiudizio per il socio ma discende dal dato oggettivo dell'intervenuta modificazione statutaria.

La norma in esame, insomma, non guarda a una non meglio definita incidenza di fatto delle modifiche statutarie latamente attinenti a diritti di voto o di partecipazione e tantomeno consente di valorizzare la generica idoneità della delibera assembleare a ledere gli interessi dell'azionista: e, dunque, la considerazione delle ricadute sfavorevoli sulla posizione del socio non può costituire il punto di partenza di un'interpretazione della norma sul recesso tale da comprendervi anche la delibera di modificazione dei quorum.

Occorre in definitiva, per esserci recesso, che la delibera assembleare vada a toccare senz'altro direttamente il diritto di voto o di partecipazione, non già che genericamente nuoccia all'azionista, senza che detti diritti siano in nessuna misura pregiudicati dalla delibera assembleare: di conseguenza, la deliberazione che riduce i quorum non legittima dunque il recesso del socio assente o dissenziente.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©