Rientro dei cervelli, bonus senza cumulo
Ampia scelta tra gli incentivi fiscali per il rientro dei cervelli in Italia, dei quali si può beneficiare però senza cumulo. È quanto previsto dalla legge di bilancio 2017 ( legge 232/16 ) che contiene una serie di apprezzabili agevolazioni fiscali per il rientro dei lavoratori nel territorio dello Stato.
Per dotare di maggiore appeal l’impianto tributario nazionale per i lavoratori residenti all’estero e al contempo permettere al nostro sistema produttivo di dotarsi di personale altamente qualificato, il legislatore ha, in primo luogo, reso permanente l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente e autonomo ai fini Irpef del 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e ricercatori residenti all’estero che decidono di rientrare in Italia (articolo 44 del Dl 78/2012).
Tale agevolazione è subordinata alla presenza di determinati requisiti in capo a docenti e ricercatori che si trasferiscono in Italia, quali, il possesso di titolo di studio universitario o equiparato, il fatto che non siano occasionalmente residenti all’estero e abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi, l’acquisizione e il mantenimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato. Il regime di favore spetta a decorrere dall’anno nel quale si acquisisce la residenza fiscale in Italia e per i due successivi.
A questa misura, si affianca in via alternativa e non cumulativa, l’esclusione dalla formazione del reddito complessivo del 50% (in luogo del 30% previsto dall’articolo 16 Dlgs 147/15) dei redditi prodotti in Italia da lavoratori altamente qualificati (non più solo dipendenti, ma anche autonomi) che ivi trasferiscono la residenza. L’agevolazione per gli «impatriati» spetta per un periodo massimo di 5 anni. Va poi considerata l’estensione, dal 1° gennaio 2017, dell’agevolazione anche ai cittadini di Stati, diversi da quelli appartenenti alla Ue, con i quali sono in vigore accordi per evitare le doppie imposizioni ovvero per permettere lo scambio di informazioni, in possesso di un titolo di laurea, che abbiano svolto in maniera continuativa all’estero, nei 24 mesi antecedenti, un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia ovvero un’attività di studio conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream. A tal riguardo, si evidenzia che restano però esclusi dalla detassazione in esame i lavoratori impatriati che vengono a svolgere un’attività d’impresa nel territorio dello Stato.
Dura invece per 15 anni l’opzione, subordinata alla presentazione di apposita istanza di interpello, che le persone fisiche, che intendono trasferire la residenza fiscale in Italia, possono esercitare per applicare un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero nella misura forfetaria di 100mila euro per ciascun periodo d’imposta in cui è valida l’opzione.
Tale previsione contenuta nel nuovo articolo 24-bis del Tuir dovrebbe permettere di dislocare nel territorio dello Stato, insieme ai redditi, anche gli investimenti e i consumi che tali soggetti presumibilmente effettuano. La stessa non è cumulabile né con gli incentivi per il rientro in Italia dei ricercatori residenti all’estero né con quelli previsti per i lavoratori impatriati.