Controlli e liti

Rigetto delle difese da motivare

di Laura Ambrosi

È illegittimo l'avviso di accertamento fondato sugli studi di settore se non motiva il rigetto delle difese del contribuente prodotte in sede di contraddittorio. A fornire questa interpretazione è la Corte di cassazione con la sentenza n. 12631 depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate, dopo regolare contraddittorio, notificava ad una contribuente un avviso di accertamento fondato sulle risultanze degli studi di settore. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario lamentando l'erroneità del calcolo statistico. Il collegio di appello, riformando integralmente la decisione di primo grado, confermava la legittimità dell’accertamento, rilevando che dal raffronto fra i ricavi ed il costo della merce venduta risultava una percentuale di ricarico applicata dal contribuente assolutamente inadeguata rispetto a quella riferibile al settore merceologico di appartenenza.

La contribuente ricorreva così in Cassazione eccependo, tra i diversi motivi, un’errata valutazione da parte del giudice sulla valenza delle difese prodotte durante il contraddittorio.

La Suprema Corte, accogliendo la tesi difensiva, ha innanzitutto ricordato che l’accertamento fondato su studi di settore deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente. Egli, in tale sede, deve provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti a cui applicare gli standard ovvero la specifica realtà dell’attività economica in cui esercita l’impresa stessa.

La puntuale valutazione delle risultanze del contraddittorio costituisce poi un elemento essenziale e imprescindibile della validazione da parte del giudice tributario dell’accertamento fondato sugli studi di settore. Si tratta, infatti, di un metodo approssimativo, fondato su medie statistiche, che necessariamente vanno adeguate alla realtà individuale.

Ne consegue così, che la motivazione dell’atto impositivo non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma va integrata, anche sotto il profilo probatorio, con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente durante il contraddittorio. Solo così può emergere la gravità, precisione e concordanza necessaria per la presunzione di maggior reddito posta a fondamento della pretesa impositiva.

Nella specie, la Ctr aveva ritenuto attendibile la percentuale di ricarico derivante dall’applicazione degli standard senza alcuna valutazione sulle giustificazioni addotte dalla contribuente. così facendo però, il giudice ha sostanzialmente “travisato” l’onere probatorio previsto per legge in capo a ciascuna parte.

La decisione appare particolarmente interessante perché chiarisce che in simili accertamenti l’obbligo di motivazione è assolto solo se l’ufficio motiva il rigetto delle difese prodotte nel corso del contraddittorio. Non di rado, gli atti impositivi si limitano a riferire che quanto prodotto è inadeguato, senza tuttavia specificarne le ragioni. I giudici di legittimità hanno così precisato che il giudice tributario per verificare la legittimità dell'accertamento è tenuto a tale preliminare controllo.

A ben vedere, sarebbe auspicabile che il principio fosse applicato a tutte le ipotesi di accertamenti preceduti dal contraddittorio.

La sentenza n. 12631/2017 della Cassazione

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