Rimborso del credito Iva trasferito alla conferitaria solo se c’è la garanzia
Procedura necessaria se non sono provate solidità e continuità
Il credito Iva richiesto a rimborso dalla società conferitaria va garantito se non è provata la solidità patrimoniale e la continuità aziendale in capo a quest’ultima.
Relativamente ad un’operazione di conferimento di ramo di azienda da parte della controllante alla controllata inattiva, l’agenzia delle Entrate, con la risposta 227/2023, ha chiarito che il credito Iva trasferito per effetto dell’operazione straordinaria in capo alla società conferitaria, può essere richiesto a rimborso solo se assistito da idonea garanzia.
L’articolo 38-bis del decreto Iva, infatti, prevede che il rimborso del credito Iva di ammontare superiore a 30mila euro è eseguito senza obbligo di prestare garanzia solo a favore di quei soggetti che presentano la dichiarazione Iva annuale o l’istanza di rimborso trimestrale, munita del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa di cui all’articolo 10, comma 7, del Dl 78/2009, corredata da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti la sussistenza della solidità patrimoniale in capo al richiedente, nonché la continuità aziendale e la regolarità dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Tali requisiti, unitamente all’assenza di situazioni di rischio individuate dal comma 3 dell’articolo 38-bis, rappresentano le condizioni per ottenere il rimborso del credito Iva senza l’obbligo di prestazione della garanzia. Ebbene, secondo l’Agenzia, i requisiti previsti dalla norma si riferiscono al profilo soggettivo del richiedente e non si trasferiscono automaticamente a seguito di un’operazione straordinaria. Sul punto la Cassazione, con l’ordinanza 16492/2020, ha confermato la diversità soggettiva fra le due parti dell’operazione straordinaria, prevedendo che rispetto all’originario credito il cedente perde ogni legittimazione e l’intera posizione risulta traslata sul cessionario, non assumendo rilievo ostativo la diversità dei contribuenti.
Inoltre, considerando che fra le situazioni di rischio è annoverato l’esercizio dell’attività di impresa da meno di due anni, il fatto che la conferitaria sia una società inattiva lascia presumere la sussistenza del rischio. Ciò in quanto la stessa agenzia delle Entrate, con la circolare 33/E/2016 aveva chiarito che, ai fini del computo dei due anni cui fa riferimento la norma, occorre verificare l’effettiva esistenza dell’organizzazione aziendale e l’effettivo esercizio di impresa. Successivamente, con la circolare 6/E/2019, è stato ulteriormente chiarito che per esercizio di attività di impresa si intende l’effettivo svolgimento dell’attività stessa, che ha inizio con la prima operazione effettuata e non con la sola apertura della partita Iva.