Rinuncia all’eredità, massa unica divisibile con registro all’1%
Si ha la divisione di un’unica “massa” (il cui valore è per intero soggetto a imposta di registro con l’aliquota dell’1%) e non una divisione di “masse plurime” (il cui valore deve essere tassato in parte con l’aliquota dell’1% e in parte con le aliquote proprie degli atti traslativi - e cioè 2, 9 o 15% - a seconda dei casi) quando, deceduto Tizio, la moglie Caia rinunci all’eredità ed eredi per legge ne divengano i figli Sempronio e Mevio, i quali poi procedano alla divisione del patrimonio dimesso dal de cuius. Lo ha deciso la Cassazione nella sentenza 7604/2018.
La legge che disciplina l’imposta di registro (l’articolo 34 del Dpr 131/1986) prevede la tassazione del contratto di divisione con l’aliquota dell’1%, da applicare al valore dei beni oggetto di divisione, a condizione che la massa da dividere sia “unica” e cioè appartenga ai condividenti in forza di un unico “titolo”. Ad esempio, se Tizio e Caio comprano in quote eguali un appartamento di valore 50 (nel 1980) e un appartamento di valore 50 (nel 2005) e, nel 2018, si dividono i due appartamenti, non si può tassare il valore 100 con l’aliquota dell’1%, ma, a causa della pluralità dei titoli di acquisto (e, quindi, della “pluralità di masse”), si deve tassare il valore 50 con l’aliquota 1% e il restante valore 50 come se fosse una permuta, vale a dire con l’aliquota del 9% applicata al valore 25.
Il tema da risolvere è: se in origine vi è un unico titolo (ad esempio Caio e Sempronio comprano due appartamenti nel 1998) e poi la situazione di comunione evolve a seguito della “circolazione” di quote di comproprietà (ad esempio: Caio cede la sua quota a Sempronio e Mevio) si ha sempre un’unica massa o si determina una situazione di plurimassa? La risposta della Cassazione, nella sentenza citata, è la seguente: «Non costituisce titolo e quindi non consente l’individuazione di una nuova e distinta massa, qualsiasi atto o fatto meramente traslativo che...incida solo sulla misura e la titolarità delle quote di proprietà relative a preesistenti comunioni». Comunque, per dipanare ogni dubbio, qualora l’ultimo titolo che abbia inciso sulla situazione di comunione sia una successione ereditaria, è la legge stessa (articolo 34, comma 4, del Dpr 131/1986) a semplificare le cose, affermando che si presume aversi un’unica massa.
Quest’ultima regola è stata applicata nella fattispecie giudicata dalla sentenza n. 7604/2018: come già osservato, morto Tizio, Caia ha rinunciato all’eredità e i figli hanno proceduto alla divisione dei beni ereditati applicando l’aliquota dell’1% all’intera massa.
Da qui in avanti, però, una continuativa serie di errori: dapprima, le Entrate sbagliano nel riliquidare la tassazione della divisione, considerandola come uno scioglimento di “masse plurime”. La Ctp e la Ctr sbagliano a loro volta nel rigettare il ricorso del contribuente. Un ulteriore errore accade in Cassazione: viene giustamente approvata la tassazione della divisione con l’aliquota dell’1%, ma con la motivazione che la rinuncia all’eredità sarebbe un “titolo” di natura ereditaria che permetterebbe la circolazione di quote di comproprietà senza originare una plurimassa.
Vero è, invece, che la rinuncia all’eredità del coniuge superstite fa sì che quest’ultimo va considerato come se non fosse mai esistito e rende retroattivamente i due figli come unici successori del de cuius: la massa da dividere è, quindi, unica perché non vi è alcuna pluralità di titoli d’acquisto (ma solo la successione ereditaria) e la divisione di tale unica massa si effettua appunto applicando l’aliquota dell’1% al suo intero valore.