Imposte

Rinuncia ai crediti verso le società da comunicare

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di Davide Cagnoni, Angelo D’Ugo e Alessandro Germani

Nei periodi di crisi economica e finanziaria, gli imprenditori devono spesso fare i conti con la mancanza di liquidità necessaria a ricapitalizzare la società. In queste situazioni una soluzione frequente è quella di procedere alla rinuncia ai crediti vantati nei confronti della stessa.

In base all’Oic 28 (par. 36) tutte le rinunce ai crediti (finanziari o commerciali) da parte dei soci, se dalle evidenze disponibili risultano motivate dal rafforzamento patrimoniale della società, sono trattate contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio. Queste operazioni, generalmente poste in essere in prossimità di fine anno per ragioni di bilancio, richiedono tuttavia un’attenta verifica della disciplina fiscale applicabile per via delle novità introdotte dal 2016 dal Dlgs 147/2015, che vincolano il regime fiscale delle rinunce a precisi adempimenti formali.

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Prima di queste modifiche, l’articolo 88, comma 4, del Tuir permetteva la sterilizzazione fiscale delle sopravvenienze attive derivanti dalle rinunce ai crediti dei soci senza alcuna condizione. Il nuovo comma 4-bis dell’articolo 88, invece, stabilisce che la sopravvenienza attiva è detassata solo fino a concorrenza del valore fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio, che dovrà essere obbligatoriamente fornito da quest’ultimo alla partecipata mediante una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (cosiddetta autocertificazione).

In assenza di questa comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero e la sopravvenienza attiva sarà interamente tassata.

Tra gli obiettivi della nuova norma c’è sicuramente quello di colpire alcuni fenomeni che tendenzialmente possono realizzarsi nei gruppi aziendali più strutturati. Facciamo un esempio: la società capogruppo acquista a 100 il credito di 200 vantato da una banca verso una società del gruppo e successivamente rinuncia interamente al credito. Fino al 2015 la banca realizzava una perdita su crediti deducibile per 100, mentre la società debitrice beneficiava della remissione del debito di 200 senza tassazione sulla sopravvenienza attiva conseguita.

Dal 2016, invece, l’operazione genera una sopravvenienza attiva imponibile per 100 (200 in assenza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio) andando così a pareggiare la perdita su crediti deducibile di pari importo realizzata dal creditore originario. Così facendo, tuttavia, si penalizzano con adempimenti formali anche le piccole realtà nelle quali i crediti rinunciati riguardano principalmente i finanziamenti erogati dai soci il cui valore fiscale corrisponde all’ammontare del credito.

In questi casi, se il socio non comunica alla società il valore fiscale del credito attraverso la dichiarazione sostitutiva, la rinuncia sarà interamente tassata nonostante la società partecipata sia evidentemente in grado di individuare in autonomia il valore fiscale del credito, rendendo superflua la comunicazione. Tuttavia, sotto questo punto di vista il testo attuale della norma non lascia scampo, tant’è che anche la Fondazione dottori commercialisti nel documento del 15 febbraio 2016 ha precisato che la comunicazione deve ritenersi necessaria, considerata la gravità delle conseguenze che discenderebbero dalla sua omissione, sebbene, in un’ottica sostanziale e sulla base del principio di ragionevolezza, non sussisterebbero motivi per negare il riconoscimento fiscale del credito.

A questo punto, bisogna domandarsi quando la comunicazione debba essere inviata dal socio alla società. A differenza dell’atto di rinuncia al credito, che ha un impatto contabile sul patrimonio netto, la comunicazione ha natura esclusivamente fiscale: perciò, in assenza di chiarimenti ufficiali, pare corretto ritenere che la stessa debba essere inviata, via Pec o con altra modalità a data certa, entro la scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui avviene la rinuncia. In ottica prudenziale, tuttavia, la società beneficiaria potrebbe richiedere la comunicazione prima del (o contestualmente al) momento in cui diviene efficace la rinuncia.

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