Adempimenti

Rinuncia crediti senza certezze sul calcolo delle imposte

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di Andrea Cioccarelli e Giorgio Gavelli

Resta difficoltosa la gestione fiscale della rinuncia ai crediti vantati dai soci verso le società partecipate, generalmente finalizzata alla patrimonializzazione della partecipata: l'assenza di chiarimenti sulla disciplina recata dai commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 88 Tuir (per effetto del decreto legislativo 147/2015) rischia di creare comportamenti differenti da parte di contribuenti ed uffici. Ma andiamo per ordine.

La deroga

In deroga alla disciplina generale (presente al comma 4 dell'articolo 88) secondo cui i versamenti in denaro o in natura a fondo perduto o in conto capitale effettuati dai soci alle proprie partecipate non costituiscono, fiscalmente, sopravvenienze attive, il successivo comma 4-bis stabilisce, in sintesi, che:

in caso di rinuncia dei soci ai crediti, la quota di sopravvenienza attiva fiscalmente irrilevante per quest'ultima è limitata al costo fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio rinunciante;

a tale scopo, detto costo fiscalmente riconosciuto è comunicato dal socio alla partecipata con dichiarazione sostitutiva di atto notorio; in assenza della comunicazione il valore fiscale del credito è assunto pari a zero;

nei limiti del valore fiscale del credito rinunciato, il socio aumenta il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (articoli 94, comma 6, e 101, comma 7, Tuir).

I limiti della procedura

Per quanto, secondo l'agenzia delle Entrate (risoluzione 124/E/2017), la disposizione non si applichi ai soci persone fisiche, la dottrina prevalente è di opinione contraria.

Ad ogni modo, la procedura funziona se il socio è titolare di un credito avente un'unica origine, e la rinuncia è totale, mentre mostra il fianco a criticità quando (come spesso accade) la rinuncia al credito è parziale oppure si è stratificata nel tempo e per effetto di operazioni di natura diversa. Se, infatti, il credito si è formato in parte con finanziamenti veri e propri ed in parte con l'acquisto di crediti vantati da terzi ad un costo inferiore al loro valore nominale, non si comprende quale criterio applicare, in sede di rinuncia parziale, per adempiere a quanto richiesto dal legislatore (si vedano gli esempi pubblicati in pagina).

A seconda del differente criterio utilizzato (FIFO, LIFO o costo medio), infatti, si ottengono risultati differenti, anticipando o rinviando nel tempo l'imposizione della sopravvenienza attiva sulla società partecipata (si veda la circolare Assonime 17/2017). In assenza di un criterio fissato dal legislatore, parrebbe logico concludere che società e soci possono accordarsi su un criterio, alla condizione di applicarlo nel tempo in maniera coerente per evitare salti d'imposta. Anche così facendo, tuttavia, non è chiaro se il criterio scelto in occasione della rinuncia operata dal socio “A” vincoli la società al momento della successiva rinuncia operata dal socio “B”.

Ulteriori articolazioni

Il quadro si complica osservando che queste disposizioni si applicano anche:

in caso di riduzione dei debiti accordati alla società partecipata per effetto delle varie procedure concordatarie disciplinata dal comma 4-ter;

in caso di operazioni di conversione del credito in partecipazione, ipotesi in cui il valore fiscale della partecipazione «viene assunto in un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite su crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa» (ultimo periodo del comma 4bis).

Quest'ultima fattispecie necessita, a sua volta, di chiarimenti, potendosi prestare ad una doppia imposizione. La rinuncia di un credito di nominali 1.000, in presenza di un costo fiscalmente riconosciuto di 200, sembra infatti condurre:

ad una sopravvenienza attiva fiscalmente imponibile di 800 in capo alla società partecipata al momento della rinuncia

ad una imposizione di pari importo sulla partecipante al momento della restituzione del capitale (1.000 a fronte di un costo fiscale di 200), eventualmente ridotta in presenza dei requisiti pex (articoli 86, comma 5-bis e 87, comma 6, Tuir).
Avvicinandosi la chiusura dei bilanci ed il periodo dichiarativo, queste perplessità andrebbero chiarite.

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