Adempimenti

Rischio ingorgo fiscale per gli studi tra scadenze ordinarie e maxi lavoro per le istanze di bonus

Il 93,5% delle scadenze entro fine mese riguarda proprio i versamenti

di Marco Mobili e Giovanni Parente

La seconda metà di luglio rischia di trasformarsi in un gran premio della montagna per contribuenti e professionisti che li assistono. Da oggi, giorno in cui sono in ballo appuntamenti canonici ma pesanti in termini di cassa con ritenute e Iva del mese precedente, alla fine di luglio “passano” complessivamente 246 scadenze fiscali. Il 93,5% di queste riguarda proprio i versamenti.

Una concentrazione davanti alla quale i commercialisti sono da giorni in prima linea per chiedere che l’appuntamento con il saldo 2019 e l’acconto 2020 delle imposte dirette sia ulteriormente rinviato a fine settembre, dopo il Dpcm che ha disposto la proroga dal 30 giugno al 20 luglio (e dal 21 luglio al 20 agosto con la maggiorazione dello 0,40%) per 4,5 milioni di partite Iva soggette a pagelle fiscali o nel regime forfettario e dei minimi. Esercito della proroga che ieri ha arruolato Confcommercio e i tributaristi dell’Int.

Una proroga di buon senso per i professionisti soprattutto perché sono stati gli studi professionali a fronteggiare, oltre all’ordinaria amministrazione, il lavoro extra legato all’emergenza Covid-19: prima le indennità di 600 euro da chiedere all’Inps e poi il contributo a fondo perduto veicolato dalle Entrate (con presupposti, regole e procedure diverse tra loro). A completare il quadro dei nuovi “obblighi” da assistenza è arrivata la cessione dei tax credit: affitti commerciali, 110%, sanificazione e adeguamento degli ambienti di lavoro che richiedono una comunicazione preventiva delle spese sostenute da effettuare da lunedì 20 luglio.

Ma sul rinvio dei versamenti al 30 settembre, per ora, il Governo sembra chiudere la porta. Anzi, la lettura dei dati diffusi ieri dal Mef gioca a sfavore del rinvio. Il lockdown e la sospensione dei versamenti di marzo, aprile e maggio è costata all’Erario una flessione di ben 22,3 miliardi (-8,4%) di entrate tributarie e contributive nei primi cinque mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.

Nell’immediato poi manca lo strumento di legge per veicolare uno slittamento al 30 settembre. La sola strada potrebbe essere quella del decreto cui sta lavorando il Governo per i nuovi fondi a Cig, comuni e regioni. Un “cura-Italia bis” che attende però un nuovo scostamento di bilancio. Sulla base delle risorse che lo scostamento metterà a disposizione, infatti, si punterebbe solo ad allungare ai primi del 2021 la rateazione dei versamenti di marzo, aprile e maggio ora sospesi e dovuti in unica soluzione entro il 16 settembre o in 4 rate di pari importo fino a metà dicembre.

A cambiare le carte in tavola potrebbe essere la volontà del Parlamento. Già nel passaggio del decreto rilancio alla Camera forze di maggioranza e opposizione hanno cercato con emendamenti di strappare la proroga al 30 settembre. Alla fine è passato solo un ordine del giorno del leghista Alberto Gusmeroli (che ieri ha anche presentato una proposta di legge sulla flat tax incrementale, si veda il sito www.ilsole24ore.com) che impegna il Governo a eliminare sanzioni e interessi per chi versa entro il 30 settembre. Per ora un punto di partenza e non certo di arrivo.

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