Imposte

Rischio retroattività da scongiurare dopo la sentenza della Cge sui distacchi di personale

La Corte di giustizia ha definito l’irrilevanza dei distacchi ai fini Iva incompatibile con la norma comunitaria


La Corte generale europea (sentenza 11/03/2020, causa C-94/19) si è recentemente espressa dichiarando incompatibile con la direttiva Iva 2006/112/CE il regime di cui all'articolo 8, comma 35, legge 67/88, che prevede l'irrilevanza ai fini Iva dei prestiti o distacchi di personale a fronte dei quali è previsto il mero rimborso del relativo costo “aziendale” ascrivibile al personale distaccato.

Senza entrare nel merito delle motivazioni addotte dai Giudici europei, può essere utile provare a valutare i profili di efficacia temporale dei principi sanciti dalla Cge, posto che questi potranno incidere sulle scelte organizzative di una vasta platea di operatori, attivi nei più svariati settori economici.

In effetti alcuni sostengono, non senza ragioni, che una disposizione contenuta in una direttiva, come interpretata dalla Cge, non dovrebbe poter essere invocata per negare l'applicazione di una norma interna che, pur non conforme, è tuttora in vigore. In quest'ottica se non fosse sanato il contrasto tra norma interna e norma europea, così come interpretata dalla Cge, potrebbe essere aperta dalla Commissione Ue una specifica procedura di infrazione.

Tuttavia, l'interpretazione che sembra tecnicamente più corretta è quella per cui, in presenza di una sentenza come quella in commento, avente carattere interpretativo, il regime di cui all'articolo 8 non possa più trovare applicazione. Seguendo quest'ultimo approccio, in presenza di prestazioni reciproche aventi carattere sinallagmatico, i distacchi di personale dovranno d'ora in poi essere qualificati alla stregua di prestazioni di servizi generiche, soggette ordinariamente a Iva, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, Dpr 633/72, indipendentemente dall'ammontare del corrispettivo pattuito.

D'altronde l'“abrogazione implicita” del regime di cui all'articolo 8 da parte dei giudici europei non ha generato un vuoto normativo, quanto piuttosto una diversa qualificazione della fattispecie in esame, che risulta dunque naturalmente attratta al regime ordinario applicabile alle prestazioni di servizi.

Per quanto attiene al passato, preso atto che la sentenza nulla dispone in tal senso (diversamente, ad esempio, da quanto avvenuto per il regime Iva applicabile alle associazioni autonome di persone – sentenze C-326/15, C-616/15, C-605/15), si pongono gli usuali dubbi di carattere interpretativo che riguardano la validità dei comportamenti posti in essere fino alla data della pronuncia medesima.

Le sentenze della Cge aventi carattere interpretativo e dichiarativo dovrebbero avere efficacia generale e retroattiva, ferma restando la tutela dell'affidamento del contribuente (risoluzione 79/E/2019). In questo contesto è quindi auspicabile che, per evidenti ragioni di certezza dei rapporti giuridici, il legislatore intervenga in tempi brevi con una norma ad hoc, che faccia chiarezza e limiti gli effetti della sentenza in commento a far data dalla relativa pubblicazione. Si tratterebbe, del resto, di un intervento coerente, sotto un profilo qualitativo, con quello recentemente attuato, relativamente al regime Iva applicabile alle scuole guida, tramite l'articolo 32, comma 2 del Dl 124/19. Infatti, questa norma ha fatto salvi i comportamenti adottati dai contribuenti fino al 2019 anche se difformi rispetto a quelli ammessi dalla sentenza della Cge, causa C-449/17.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©