Imposte

Riserva di rivalutazione senza tasse nella fusione con disavanzo

La circolare 6/E/2022 ripristina l’interpretazione sulla classificazione. Solo la distribuzione ai soci è in grado di far scattare la imponibilità

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di Luca Gaiani

L’annullamento della riserva di rivalutazione per effetto di una fusione con disavanzo non ne comporta la tassazione. L’agenzia delle Entrate, con la circolare 6/E/2022, ripristina la costante interpretazione sulla classificazione delle riserve di rivalutazione tra quelle tassabili solo in caso di distribuzione che era stata sorprendentemente abbandonata nella bozza del documento posta in consultazione. Qualora l'annullamento della riserva operato attraverso l’operazione straordinaria abbia natura elusiva e mascheri una sostanziale attribuzione ai soci della posta, l’Agenzia potrà peraltro accertarne l'imponibilità ricorrendo alla norma antiabuso.

La parte più attuale della circolare 6/E sulla rivalutazione dei beni di impresa è certamente quella che tratta della sorte delle riserve di rivalutazione in sospensione di imposta a seguito di successive operazioni sul capitale. Modificando le indicazioni contenute nella bozza diffusa in consultazione, le Entrate ribadiscono che la riserva di rivalutazione in sospensione di imposta (come già affermato più volte in passato) rientra tra quelle tassabili (sia per la società che per i soci) solamente in caso di distribuzione.

Il primo e più importante corollario di questa classificazione è che, qualora l'impresa che ha iscritto la riserva venga fusa in un'altra società, e dalla operazione emerga un disavanzo, l'annullamento della riserva (fatto che si verifica automaticamente in ogni fusione) senza la sua contestuale ricostituzione (che potrebbe avvenire solo attingendo a riserve della incorporante) non genererà conseguenze fiscali di sorta.

Questa affermazione della circolare può offrire lo spunto, se applicata in termini generali, per riesaminare le conclusioni della risposta 316/2019 con cui le Entrate hanno affermato che la riduzione della riserva (presente nel bilancio della incorporante) per imputazione di un disavanzo di fusione farebbe scattare la tassazione in quanto soltanto l'utilizzo per copertura perdite e per aumento di capitale sarebbe esente da ricadute impositive.

Questa tesi (fortemente criticata in dottrina) viene infatti ad essere incompatibile con l’affermazione, ribadita dalla circolare 6/E, secondo cui solo la distribuzione ai soci è in grado di far scattare la imponibilità.

Pertanto, anche l’azzeramento della posta mediante iscrizione di disavanzi emersi in operazioni di fusione o di scissione (riserva iscritta dalla beneficiaria), come pure per effetto della allocazione diretta (senza transito da conto economico) di oneri e passività, comprese le imposte correlate alla rivalutazione, non genererà alcuna imposizione. Situazioni di questo tipo potrebbero ad esempio presentarsi nel bilancio 2021 in capo a quelle società che, avendo rivalutato i marchi ai sensi del Dl 104/2020, optassero per il pagamento della maggiore imposta sostitutiva del 9-11-13% con la conseguente riduzione della riserva.

La circolare lascia peraltro aperta la strada a contestazioni (da attuare esclusivamente con il ricorso alla norma antiabuso) riguardanti operazioni con cui la riserva annullata contabilmente viene invece “di fatto” attribuita ai soci.

Con riferimento alla disciplina del riallineamento, la circolare 6/E, confermando in questo caso la bozza in consultazione, chiarisce che, qualora non vi siano poste di patrimonio sufficienti da vincolare alla sospensione, non è possibile effettuare l’affrancamento parziale.

Qualora il patrimonio netto (riserve, comprese quelle civilisticamente indisponibili, e capitale sociale) sia incapiente, per coprire la differenza si potrà utilizzare l'utile del bilancio 2020 per la parte che non sia stata contestualmente distribuita ai soci.

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