Risparmiare l’Iva su Tia2 e Tarip è solo un’illusione
Le Sezioni unite della Cassazione dovranno pronunciarsi sulla natura corrispettiva piuttosto che tributaria delle tariffe per la gestione del servizio rifiuti, la Tia2 e la Tarip (Tari puntuale, con misurazione del conferimento). Nel 2016 avevano deciso sulla Tia1, quindi potremo conoscere le regole per le varie sfaccettature di questi tributi.
Il problema non si pone per la Tari: le società che gestiscono il servizio lo fatturano al Comune, suo committente con cui hanno un contratto, applicando l’Iva. Siccome il Comune si finanzia con una tassa, l’Iva di rivalsa è indetraibile e concorre al costo del servizio. Quindi l’utente paga un importo di natura tributaria, la Tari, nel cui calcolo è compresa l’Iva pagata dal Comune.
Le cause in corso per Tia2 e Tarip partono dall’idea, a dir poco illusoria, che l’utente possa “risparmiare” l’Iva qualificando questi importi come tributari. Precisiamo che queste cause non sono di natura tributaria (pur se il giudice deve decidere incidenter tantum sulla debenza dell’Iva, ma civilistica: la rivalsa è istituto di diritto comune. Significativo è che in queste liti non sia mai parte l’amministrazione finanziaria.
In tutte le liti manca la consapevolezza dell’unico e vero thema decidendi: può una società commerciale, anche se partecipata da uno o più Comuni, introitare corrispettivi senza applicare Iva? La risposta è in una recente sentenza della Corte di giustizia Ue (22 febbraio 2018, causa C-182/17). Un comune ungherese possiede al 100% una srl che gestisce vari servizi, tra cui quello sui rifiuti. Ritenendo di essere una mera articolazione dell’ente, la srl addebita i suoi corrispettivi senza Iva. La Corte ha inequivocabilmente fermato che una società commerciale, anche interamente posseduta da un solo ente territoriale, è un normale soggetto Iva, come una società posseduta da terzi. Non può qualificarsi come ente pubblico e ancor meno come pubblica autorità.
Nelle liti su Tia2 e Tarip, cio mette alcuni punti fermi:
● il gestore del servizio rifiuti è un normale soggetto di imposta e deve comunque fatturare con Iva;
● il titolare dell’entrata che fosse qualificata tributaria è il Comune e la società può fare da esattore – avviene oggi con la Tari – solo dopo aver fatturato con Iva al Comune.
Va poi trovata una soluzione, conforme alla sistematica Iva, se le fatture sono emesse agli utenti. Ed è sbagliato indicare l’utente come committente : lui non ha firmato il contratto col gestore. Situazione analoga alle liti civili quando c’è da sollevare la parte vittoriosa dalle spese legali: l’avvocato fattura al suo mandante e si fa pagare dal soccombente. E una recente risposta ad interpello (211/2019) sulla fattura del Ctu dice che destinatario è l’ufficio giudiziario, finanziato dalla parte tenuta al pagamento.
Non da ultimo: può la causa può essere proposta senza interesse ad agire (articolo 100, Codice di procedura civile)? Chi fa causa per il rimborso Iva deve restituire la detrazione indebita, quella per l’imposta rimborsata da chi ha emesso la fattura. Quindi non ha vantaggio da una sentenza favorevole. Si veda da ultimo l’interpello 66/2018.