Finanza

Ristori nei Comuni calamitati, la restituzione del bonifico automatico prova a evitare la sanzione

Il Dl Ristori attribuisce il contributo, a prescindere dalla riduzione di fatturato, solo ai soggetti che hanno attivato la partita Iva dal 1° gennaio 2019, ma non menziona i soggetti in territori calamitati

di Gabriele Ferlito

Il contributo a fondo perduto «Ristori» è ormai a pieno regime (si ricorda che il termine ultimo per l’invio delle nuove domande è fissato al 15 gennaio 2021) ed inevitabilmente emergono le prime problematiche applicative.

Una di queste riguarda i soggetti che, pur non integrando il requisito della riduzione di fatturato, hanno ricevuto il primo contributo a fondo perduto (previsto dall’articolo 25 del Dl 34/2020, decreto Rilancio) perché aventi domicilio fiscale o sede operativa nei Comuni in stato di emergenza a seguito di calamità naturali. Da più parti si segnala che molti di questi soggetti hanno adesso ricevuto, da parte dell’agenzia delle Entrate, il pagamento automatico del fondo perduto «Ristori». In questi casi, non sembra che esistano i presupposti per potere trattenere le nuove somme incassate. Infatti l’articolo 1, comma 4, del Dl 137/2020 (decreto Ristori) attribuisce il contributo, a prescindere dalla riduzione di fatturato, solo ai soggetti che hanno attivato la partita Iva a partire dal 1° gennaio 2019, mentre non menziona i soggetti localizzati in territori calamitati.

La stessa agenzia delle Entrate si esprime in termini negativi nella guida «I contributi a fondo perduto per i settori economici con nuove restrizioni», pubblicato sul proprio sito internet. In particolare, nella guida l’Agenzia afferma che, «ai soggetti che nella precedente istanza di contributo a fondo perduto previsto dall’articolo 25 del Dl 34/2020 (decreto Rilancio) hanno barrato la casella relativa al domicilio fiscale o sede operativa nei comuni oggetto di precedente calamità con stato di emergenza ancora in corso al 31 gennaio 2020, il nuovo contributo spetta solo se si è verificato il calo del fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020 di almeno un terzo».

Su queste basi, si ritiene che il contributo ricevuto debba essere restituito. Ma qui sorge un altro problema applicativo. Perché nella guida l’Agenzia, trattando delle ipotesi di restituzione del contributo, afferma solo che il soggetto che ha percepito un contributo a fondo perduto in tutto o in parte non spettante può regolarizzare l’indebita percezione restituendo spontaneamente il contributo, oltre interessi, e versando le relative sanzioni con applicazione delle riduzioni previste per il ravvedimento operoso (articolo 13 del Dlgs 472/1997).

In altri termini l’Agenzia contempla solamente l’ipotesi in cui il contributo sia stato indebitamente erogato per un errore commesso dal contribuente in sede di presentazione della domanda.

Ma nel caso di cui si discute l’errore non è certamente addebitabile al contribuente, che non ha fatto nessuna istanza per ottenere il contributo «Ristori». L’errore è invece addebitabile all’Agenzia, che ha erogato automaticamente le somme pur in mancanza dei relativi presupposti. E allora in tali ipotesi, si ritiene che nessuna somma sia dovuta quanto meno a titolo di sanzioni. Sul punto si auspica pertanto un tempestivo chiarimento da parte dell’Agenzia.

In ogni caso, si ricorda che la restituzione delle somme deve essere eseguita esclusivamente mediante il modello F24, senza possibilità di compensazione, utilizzando i codici tributo istituiti con la risoluzione 37/2020.

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