Rivalsa dell’Iva ammessa anche in assenza dell’atto impositivo
Il diritto alla rivalsa dell’Iva da “accertamento” per il cedente/prestatore è diventata la regola anche in mancanza di un atto impositivo da parte delle Entrate. Un passo per volta l’Agenzia ha provveduto all’estensione dell’articolo 60, comma 7 Dpr 633/1972 che sembrava riconoscere la facoltà del contribuente di rivalersi dell’Iva versata, oltre agli interessi e sanzioni, soltanto in presenza di un avviso di accertamento o di rettifica definitivo.
Una limitazione notevole, se si pensa che l’intenzione sia del contribuente sia del Fisco è diretta spesso a evitare la contestazione formale. Inizialmente la circolare 35/E/13 aveva riconosciuto l’applicazione dell’istituto solo alle ipotesi in cui l’avviso di accertamento fosse divenuto definitivo o attraverso uno degli strumenti deflattivi del contenzioso tributario previsti dall’ordinamento o per mancata impugnazione dell’atto di accertamento nei termini previsti dalla legge, o a seguito del passaggio in giudicato della sentenza, nell’ipotesi di contestazione in sede giudiziale. L’intervento della prassi, dunque, aveva lasciato fuori la rivalsa dell’Iva versata sulla base di un processo verbale di constatazione, che, come noto, non rientra nella definizione di atto impositivo a titolo definitivo.
Solo con gli interventi degli ultimi anni sono state poste le condizioni per l’estensione del principio.
Dapprima la circolare 23/E/17 ha previsto che il cedente/prestatore che aveva aderito alla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui all’articolo 11 del decreto legge 50/17,poteva esercitare la rivalsa; poi con le risposte a interpello 128 e 129 del 23 aprile scorso le Entrate hanno confermato la possibilità per il cedente/prestatore, che abbia aderito alla definizione agevolata delle controversie tributarie ex articolo 6 decreto legge 119/18, di rivalersi ai fini Iva nei confronti del cessionario/committente in merito all’imposta versata.
Da ultimo (risposta a interpello n. 349/2019), ha risolto anche la questione collegata alla definizione agevolata dei Pvc. In maniera espressa le Entrate hanno chiarito che, nel caso di valida definizione agevolata del Pvc ex articolo 1 del decreto legge 119/2018, è consentito il diritto alla rivalsa ex articolo 60, comma 7, per un importo pari a quanto pagato per la definizione.
Con la risposta in esame, per la prima volta, l’Agenzia ha svincolato la facoltà di esercitare la rivalsa della maggiore Iva versata dal contribuente, dalla presenza di un atto impositivo, ponendo quale unica condizione che il pagamento dell’imposta sia stato effettuato a titolo definitivo. In questi termini, il principio potrebbe valere per tuti i Pvc consegnati dal 1° gennaio 2016 per i quali la vecchia procedura di adesione (articolo 5-bis Dlgs 218/97) non è più ammessa in quanto, con la legge di stabilità del 2015, è stata concessa al contribuente la possibilità di correggere il proprio errore individuato nel Pvc, utilizzando il ravvedimento operoso e usufruendo dell’abbattimento delle sanzioni a 1/5 del minimo. Le Entrate, inoltre, dovrebbero riconoscere la rivalsa, anche in mancanza di una verifica fiscale, quando il contribuente si ravvede versando l’Iva dovuta, gli interessi e le sanzioni in misura ridotta. L’aver anticipato la verifica non dovrebbe essere un impedimento per il contribuente accorto nell’esercizio della facoltà prevista dall’articolo 60, comma 7. Tale conclusione sembra coerente con il sistema Iva. È necessario sottolineare che il diritto di rivalsa è collegato al corretto funzionamento della neutralità Iva. In mancanza l’Iva versata, e non “rivalsabile”, sarebbe da considerarsi una sanzione impropria in capo al cedente/prestatore.