Imposte

Rivalutazione dei beni d’impresa, i documenti provano il valore corretto

Non richiesta la perizia giurata, possono essere utili offerte commerciali, listini, prezzari e dati online

di Stefano Vignoli

Nell’articolo 110 del decreto Agosto (Dl 104/2020) ci sono tutti gli ingredienti affinché l’opportunità della rivalutazione targata 2020 ottenga un gran successo. I professionisti del settore – commercialisti in primis – saranno perciò chiamati a un’intensa attività valutativa degli asset coinvolti. Una attività che dovrà supportare l’imprenditore anche a livello documentale affinché la chance della revisione non possa essere oggetto di contestazione.

Ma andiamo con ordine, ricordando prima le regole in sintesi e poi soffermandoci sugli aspetti documentali.

Le regole in sintesi
I destinatari della norma sono tutti i percettori di reddito di impresa (anche se la norma fa espresso riferimento ai soggetti passivi Ires indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir il richiamo all’articolo 15 della legge 342/2000 ne estende la portata a tutto il mondo delle imprese). L’ambito oggettivo riguarda tutti i beni di impresa che è possibile rivalutare selettivamente. I maggiori ammortamenti sono da subito pienamente deducibili e la rivalutazione rappresenta per le società di capitali una chance unica di patrimonializzazione (o di copertura delle perdite) che cade in un esercizio destinato a patire gli effetti della crisi economica. Ma l’appeal principale della norma è dato essenzialmente dall’aliquota ridotta al 3% dell’imposta sostitutiva (di Ires, Irpef e Irap) dei maggiori valori rivalutati che sarà possibile versare in tre rati annuali.

Proprio l’elevato vantaggio fiscale dell’operazione induce a procedere con cautela nell’individuare i maggiori valori oggetto di rivalutazione per evitare possibili contestazioni dell’amministrazione fiscale senza dimenticare le problematiche civilistiche, in particolare per le società di capitali, anche alla luce dei più stringenti obblighi in capo ad amministratori ed organo di controllo introdotti con il nuovo Codice della crisi di impresa.

I profili contabili
La norma (salvo modifiche in sede di conversione) non richiede particolari formalismi: al contrario delle rivalutazioni in tema di terreni e partecipazioni (da ultimo articolo 137 del decreto Rilancio) non è ad esempio richiesto che i maggiori valori siano attestati da una perizia di stima giurata.

Occorrerà tenere presenti:

1) i limiti individuati dall’articolo 11, comma 2, della legge 342/2000 in base al quale i valori rivalutati non possono superare i valori attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di economica utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri;

2) quanto precisato dal Dm 162/2001, secondo cui «il valore netto del bene risultante dal bilancio nel quale la rivalutazione è eseguita, aumentato della maggiore quota di ammortamento derivante dal valore rivalutato, non può essere superiore al valore realizzabile o fondatamente attribuito».

Dal punto di vista dei principi di redazione del bilancio occorrerà riferirsi ai principi Oic 16 (§ 74 e seguenti) e Oic 24 (da § 79) che, in tema di immobilizzazioni materiali e immateriali, prevedono che la rivalutazione – possibile soltanto nei casi consentiti dalla legge – debba essere improntata al principio generale di rappresentazione veritiera e corretta del bilancio con individuazione di un valore massimo pari al valore recuperabile dall’immobilizzazione stessa.

Nel caso emerga negli esercizi successivi che il valore rivalutato eccede il valore recuperabile occorrerà procedere a svalutazione.

Il valore recuperabile di una immobilizzazione è pari, come precisato dagli stessi Oic, al maggiore tra il valore d’uso e il valore equo (“fair value”) al netto dei costi di vendita. Il dettato normativo e i principi contabili si scontrano inevitabilmente con la necessità di giustificare, anche documentalmente, la correttezza della rivalutazione operata sia da un punto di vista fiscale che civilistico.

Per quanto attiene agli aspetti formali è lo stesso articolo 110, comma 2, che richiede di annotare la rivalutazione in inventario e nota integrativa; per le imprese in contabilità semplificata, l’articolo 15 della legge 342/2000 ne richiede un apposito prospetto da cui risulti costo e rivalutazione compiuta.

I profili documentali
Oltre a questi aspetti formali sarà necessario acquisire documentazione che possa provare i maggiori valori:

- in alcuni casi sarà possibile fare riferimento ai listini prezzi (ad esempio per i beni usati più commercializzati come i veicoli);

- in alternativa, utili potrebbero risultare offerte da parte di operatori del settore per l’acquisto dei beni;

- da valutare il reperimento di prezzi di vendita, anche tramite il canale internet, di beni identici o quantomeno simili.

Va detto, peraltro, che al di là di beni altamente commercializzati la strada più tutelante resta quella della perizia, che si rende di fatto necessaria sia in presenza di valori rilevanti (ad esempio, immobili) sia per l’unicità di alcuni beni (macchinari specifici, marchi, brevetti…) da valutare in base ai flussi di cassa attesi o alla capacità di ammortamento.


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