Contabilità

Rivalutazioni, farmaceutica in cerca di certezze sull’autorizzazione al commercio

Si attende un chiarimento sulla possibilità di considerare come bene immateriale l’autorizzazione alla messa in commercio

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di Felice De Lillo e Saverio Mantini

Con l’articolo 110 del decreto 104/2020 il legislatore ha riaperto i termini per rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultati dal bilancio di esercizio dei soggetti Oic adopter in corso al 31 dicembre 2019, apportando interessanti modifiche rispetto alle leggi di rivalutazione passate.

Le novità normative

Le principali modifiche riguardano la possibilità di una rivalutazione solo civilistica, un riconoscimento fiscale opzionale con il pagamento di un’imposta sostitutiva del 3% per tutti i beni e il riconoscimento dei maggiori valori già a decorrere dal 2021. La rivalutazione compete a tutte le società ed enti Oic adopter che svolgono un’attività commerciale e i beni d’impresa e le partecipazioni rivalutabili sono quelli di cui alla sezione II del capo I della legge n. 342/2000, ad esclusione degli immobili merce.

Per i beni immateriali l’agenzia delle Entrate con circolare 207/2000 aveva precisato che sono da intendersi i beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati quali, i diritti di brevetto industriale, i diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, e così via, iscritti nell’attivo di bilancio, ovvero, ancorché non più iscritti, in quanto interamente ammortizzati, che siano ancora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni normative.

Viceversa, non sono rivalutabili i beni immateriali che, sebbene iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale, non rappresentino beni in senso proprio quali l’avviamento e i costi pluriennali.

Il settore farmaceutico

Alla luce di queste novità, si pone una questione nel settore farmaceutico: possono essere o meno oggetto di rivalutazione le spese sostenute per creare quelle conoscenze necessarie a formare il dossier registrativo finalizzato all’ottenimento dell’autorizzazione per l’immissione in commercio? Le incertezze interpretative nascono principalmente dal fatto se tali conoscenze, a cui fa seguito l’Aic, siano equiparabili a un bene immateriale rivalutabile e se tale bene debba essere necessariamente presente nell’attivo di bilancio.

L’amministrazione finanziaria in tema di patent box nella circolare 11/E/2016 aveva stabilito che «costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove od altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione si subordinata l’autorizzazione immissione in commercio di prodotti farmaceutici». Inoltre, con riferimento alla necessità dell’iscrizione del bene nell’attivo patrimoniale, il decreto attuativo n. 162/2001 della legge di rivalutazione n. 342/2000 aveva previsto all’articolo 2, comma 2 che in luogo delle risultanze di bilancio, l’appartenenza al patrimonio dell’impresa può essere provata dal fatto che tali beni siano tuttora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni in materia.

In questo senso anche Assonime aveva sostenuto che riguardo ai beni immateriali, sono frequenti i casi in cui essi, pur avendo conservato un apprezzabile valore economico, non figurino più nelle apposite voci dell’attivo patrimoniale perché completamente ammortizzati o perché i costi sostenuti per la loro acquisizione sono stati interamente spesati negli esercizi di sostenimento, sostenendo la tesi che prescinde dalla condizione di formale risultanza dei beni immateriali nelle voci dell’attivo patrimoniale di bilancio ove sia dimostrata l’esistenza di una tutela giuridica degli stessi (si veda anche la sentenza della Ctr Lazio 50/2010).

In assenza di specifiche indicazioni, in linea di principio si potrebbe ipotizzare una risposta positiva al quesito, ma considerata l’importanza dell’asset immateriale per gli operatori del settore sarebbe auspicabile un chiarimento ufficiale.

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