Controlli e liti

Rottamazione flop: solo il 50% torna alle rate

Esito deludente per la scadenza del 9 maggio per recuperare i versamenti del 2020

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Senza mezzi termini bisogna definire le situazioni per quello che sono. La riapertura della pace fiscale per chi non aveva versato le rate del 2020 si è rivelata un flop. Meno della metà dei 532mila contribuenti che il Parlamento (con l’ok del Governo) aveva voluto mettere in pista durante la conversione del decreto Sostegni ter non ha colto questa opportunità. Il termine per rimettersi in corsa, grazie ai 5 giorni di tolleranza e ai sabati e alle domeniche, è scaduto il 9 maggio.

Al momento non c’è una stima finale ma gli aggiornamenti che stanno arrivando nel corso delle ultime ore ad agenzia delle Entrate Riscossione (Ader) lasciano presagire un esito piuttosto deludente. Il numero dei potenziali beneficiari che hanno concretamente deciso di rientrare nella rottamazione ter o nel saldo e stralcio potrebbe attestarsi al di sotto di quota 250mila. Con una conseguente ricaduta anche in termini di recupero per le casse dell’Erario. Come era emerso nella risposta del ministero dell’Economia all’interrogazione in commissione Finanze al Senato (si veda «Il Sole 24 Ore» del 18 febbraio), in ballo c’erano e ci sono complessivamente 2,45 miliardi di euro che riguardano sia chi non aveva versato le rate 2020 sia quelle del 2021. Importi che senza l’«operazione rientro» varata con la conversione del decreto Sostegni ter avrebbero dovuto essere recuperati con la riscossione ordinaria. Tradotto in altri termini, significa riattivare tutta la macchina con tanto di misure cautelari e procedure esecutive. E, vista anche da un profilo finanziario dei contribuenti, vuol dire pagare tutto il debito residuo tornando ad aggiungere sanzioni e interessi senza neanche la possibilità di dilazionare l’importo dovuto.

Uno spauracchio che, però, non deve aver spaventato più di tanto i diretti interessati. Evidentemente hanno prevalso altre considerazioni. Da un lato, è probabile che le condizioni di scarsa liquidità che avevano prodotto i diversi rinvii durante le fasi più acute della pandemia da Covid non sono mutate per i debitori. Dall’altro, c’è una quota di contribuenti che scelgono comunque di non rientrare nelle definizioni agevolate ed eventualmente attendere le successive azioni dell’agente della riscossione.

Tra l’altro, va ricordato che l’«operazione rientro» va completata con il versamento delle rate 2021. La scadenza in questo caso è fissata al 31 luglio, ma anche qui grazie ai cinque giorni di tolleranza e ai sabati e alle domeniche, si potrà saldare il conto entro l’8 agosto. E, solo per la rottamazione ter, poi bisognerà versare le rate 2022 (30 novembre con tolleranza fino al 5 dicembre). Non è un azzardo ipotizzare che altri contribuenti possano quindi “smarrirsi” lungo la strada e quindi decadere dalle sanatorie della pace fiscale.

Una considerazione che merita un attento approfondimento proprio mentre in Parlamento è forte il pressing per una rottamazione quater. Il meccanismo prevede una forte rigidità legata appunto al “taglia-fuori” rappresentato dall’uscita dalle definizioni agevolate se si salta una rata o si versa un importo inferiore al dovuto. Rigidità che ha costretto poi di volta in volta a intervenire con riaperture e modifiche del calendario. Al di là dell’aspetto (non secondario) di etica fiscale se sia legittimo pensare ad aiutare solo chi non ha pagato senza premiare chi ha rispettato tutte le scadenze, c’è però la considerazione che il magazzino dei crediti non riscossi è ulteriormente aumentato nonostante il continuo ricorso alle sanatorie.

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