Rottamazione, riapertura a tappe forzate
Una seconda chance non si nega a nessuno. Ed è così anche per la rottamazione delle cartelle dell’ex Equitalia. Con il decreto fiscale approvato «salvo-intese» dal Consiglio dei ministri di venerdì scorso, si aprono due spiragli per far tornare sul treno della sanatoria chi era sceso in corsa e chi, invece, non era nemmeno riuscito a salire nella finestra di apertura della prima edizione. A questo si aggiunge poi la possibilità che sarà garantita anche i debitori più “recenti”, ossia quelli titolari di carichi affidati alla riscossione da gennaio a settembre 2017, di avvalersi della definzione agevolata che per i ruoli tributari garantisce lo sconto di sanzioni e interessi di mora.
Ma per i primi due “pilastri” della riapertura si giocherà tutto in pochissimo tempo. Se il Parlamento non interverrà sul calendario durante la conversione, nel giro di un mese ci saranno due scadenze decisive e che non ammettono appello. Infatti, entro il prossimo 30 novembre sarà chiamato a recuperare le rate saltate o versate in modo insufficiente chi ha aderito alla prima rottamazione ma che poi si è trovato in qualche modo spiazzato tra le due scadenze di luglio e del 2 ottobre. Un’opportunità che, come ha precisato anche il comunicato diffuso nella serata di venerdì Palazzo Chigi, va incontro a quanti per «errori, disguidi o mancanza di liquidità» non avevano potuto effettuare i versamenti. Per rientrare si paga tutto insieme e tra l’altro chi avesse anche un piano scaglionato su cinque versamenti dovrà corrispondere entro la stessa data anche il terzo pagamento. Uno dei possibili vantaggi per abbattere il conto potrebbe essere rappresentato per imprese e professionisti titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della pubblica amministrazione di accedere alla possibilità della compensazione. È chiaro che l’opportunità di rientrare nella rottamazione è un aiuto importante offerto a questi contribuenti, ma allo stesso tempo bisognerà fare bene i conti con le disponibilità necessarie per saldare il pregresso e rimettersi in carreggiata.
Discorso in parte simile anche per i potenzialmente interessati dal ripescaggio. Si tratta di quei contribuenti che n precedenza si erano visti respingere le istanze perché non in regola con il pagamento delle rate in scadenza il 31 dicembre dello scorso anno per i piani di dilazione di pagamento attivi al 24 ottobre 2016. In questo caso, per rientrare bisognerà presentare una domanda entro la fine dell’anno su un modello che agenzia delle Entrate-Riscossione dovrà mettere a disposizione sul proprio sito Internet già entro fine mese. Poi, però, si tratterà di pagare. Prima di tutto, l’importo delle rate del piano di dilazione scadute e non saldate. E qui c’è già un “taglia-fuori”, perché il mancato, insufficiente o tardivo pagamento entro il 31 maggio 2018 determinerà la non procedibilità dell’istanza di adesione. In secondo luogo, si dovrà pagare la rottamazione ma per farlo ci saranno soltanto tre rate e “iperconcentrate” tra settembre e novembre del prossimo anno (aggiungendo anche gli interessi maturati dal 1° agosto 2017).
Ma le tappe forzate non riguarderanno solo i contributi. Anche l’Agenzia della Riscossione sarà chiamata a una nuova prova di tenuta. Il primo obiettivo è di garantire all’Erario dai tre “pilastri” della riapertura somme aggiuntive per 1,5 miliardi. E ci sarà poi da fare i conti con le comunicazioni e le risposte da fornire ai contribuenti interessati che presenteranno domanda. Le avvisaglie lasciano presagire che non dovrebbero essere pochi. Questo perché le cartelle più recenti sono già a portata di mano e soprattutto per i carichi affidati dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 gli importi contestati (e dunque sanabili con lo sconto) potrebbero essere rilevanti perché riferiti, nella gran parte dei casi, a mancati versamenti di tasse e contributi degli anni in cui la crisi si è fatta maggiormente sentire.