Controlli e liti

Rottamazione, «vecchie» rate da saldare per ritornare al piano di dilazione

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di Luigi Lovecchio

La ripresa della dilazione pregressa in caso di omesso pagamento della rata di luglio della rottamazione potrebbe risultare in alcuni casi proibitiva se dovessero essere confermate le prime indicazioni dell’agenzia delle Entrate-Riscossione (Ader). Secondo il nuovo soggetto della riscossione, infatti, in tale eventualità occorrerebbe versare un importo corrispondente al numero di rate necessario per restare al di sotto della soglia della decadenza dalla dilazione. Se si considera che, per effetto della sospensione di legge, non si pagano tutte le rate in scadenza tra gennaio e luglio di quest’anno, la somma da versare potrebbe risultare molto elevata.

I contribuenti che, secondo la preferibile interpretazione di Equitalia, hanno in essere dilazioni alla data di presentazione della domanda di rottamazione possono decidere di riattivarle, omettendo il pagamento della rata di luglio. Una volta corrisposta tale quota, infatti, il precedente piano di rientro si considera revocato ope legis. Inoltre, qualora si decada successivamente dalla suddetta definizione agevolata, il debito residuo non potrà più essere dilazionato.

A fine mese dunque i debitori hanno l’ultima chance per decidere di abbandonare la definizione limitando i danni. Uno degli aspetti rilevanti è tuttavia rappresentato dalle modalità di rientro nel pagamento delle rate in scadenza nei primi mesi dell’anno . Ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del Dl 193/2016, infatti, per i debiti dilazionati indicati nella domanda di rottamazione sono sospesi i pagamenti della rate in scadenza tra gennaio e luglio 2017. Vale evidenziare che tale sospensione non è condizionata al buon esito della domanda, essendo al riguardo sufficiente l’inclusione nella stessa del debito in oggetto.

Ci si chiede pertanto cosa deve versare ad agosto il debitore che entro fine mese abbia deciso di non aderire alla procedura agevolata. Secondo le indicazioni interne di Ader, per riattivare la precedente dilazione occorre che il soggetto interessato versi un importo che consenta di lasciare non pagate un numero di rate inferiori a quello che determina la decadenza della rateazione. Per fare un esempio, in presenza di una nuova dilazione, concessa cioè a partire dal 22 ottobre 2015, poiché sono tollerate cinque rate non pagate, bisognerà versare un importo pari almeno a tre rate , in aggiunta alla rata di agosto. In questo modo, infatti, risulterebbero scoperte solo quattro rate e si eviterebbe quindi la perdita del beneficio del termine. In ipotesi invece di vecchia dilazione, poiché sono tollerate otto rate non pagate, si potrà versare una sola quota nel mese di agosto, che verrà imputata alla rata più vecchia, cioè quella di gennaio. Non si potrà tuttavia beneficiare di alcuna tolleranza in futuro, di tal che anche una sola omissione sarà sufficiente a decadere dalla dilazione.

Ve decisamente peggio per i soggetti che avevano dilazioni “straordinarie”, rivenienti da rimessioni in termini (ad esempio, quella ex articolo 13-bis del Dl 113/2016). In questo caso, poiché la tolleranza è di due rate impagate, occorrerà versare ben sei rate, oltre alla rata di agosto. Si tratta di una soluzione interpretativa che certamente metterà in difficoltà molti debitori. Si dovrebbe invece fare applicazione dell’articolo 19, comma 3-bis, del Dpr 602/1973, relativo alle sospensioni amministrative e giudiziali, e quindi a maggior ragione alle sospensioni legali. Non si vede infatti perché debbano essere irragionevolmente discriminati i debitori “coperti” da una moratoria legale, rispetto a quelli destinatari di altra tipologia di sospensione. Ai sensi della suddetta disposizione, alla cessazione della sospensione, il debitore ha diritto di chiedere la dilazione di tutto il debito residuo nel numero di rate mancanti del piano originario. In alternativa si può chiedere un nuovo piano, non superiore a 72 rate mensili. È auspicabile che questa soluzione alla fine prevalga.

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