Royalty, ricalcolo con criteri storici
Per la determinazione del valore normale delle royalties relative all’utilizzo di marchi e brevetti, l’amministrazione finanziaria può applicare la disciplina sui prezzi di trasferimento, facendo riferimento ai principi contenuti nella circolare ministeriale 32/9/2267 del 22 settembre 1980.
Nel documento di prassi, infatti, l’amministrazione ha individuato degli intervalli di “valori normali”, da ritenere congrui al ricorrere di determinate condizioni (le cosiddette safe harbor). Lo ha stabilito la Ctr Lombardia nella sentenza 4287/34/14 (depositata il 5 agosto 2014, presidente Targetti, relatore Chiametti) che ha respinto il ricorso presentato dal contribuente, confermando la sentenza di primo grado.
La controversia riguardava due avvisi di accertamento attraverso i quali l’Ufficio contestava, ai fini della normativa sul transfer pricing (articolo 110, comma 7, del Tuir), l’omessa contabilizzazione di ricavi per royalties derivanti dalla concessione in uso di marchi e brevetti di proprietà di una holding industriale nei confronti delle proprie consociate attive nella produzione di macchinari idraulici. Nel mirino, dunque, sono finiti alcuni corrispettivi, sotto forma di canoni, generati da queste licenze.
La società ricorrente considerava il controllo effettuato sui prezzi di trasferimento errato nel metodo e in contrasto con le indicazioni fornite dall’Ocse e dalle Entrate. Il contribuente sottolineava, infatti, che era stato effettuato da parte da parte dell’Ufficio un controllo sui prezzi di trasferimento dei beni immateriali basato su pure congetture non supportate da alcuna prova tangibile. L’Ufficio, inoltre, non aveva dimostrato il “vantaggio fiscale” conseguito.
Nella contestazione l’amministrazione finanziaria evidenziava, al contrario, che la società non aveva disciplinato in alcun modo i rapporti infragruppo relativi all’utilizzo e allo sfruttamento dei propri marchi e brevetti da parte delle proprie controllate. Tanto meno aveva applicato alcun margine di ricarico sui costi nel prezzo di vendita dei prodotti, quale forma “indiretta” di remunerazione per la concessione in uso dei marchi e brevetti. Secondo le Entrate, infine, i verificatori avevano correttamente applicato le indicazioni contenute nelle linee guida Ocse e nella circolare ministeriale del 1980, determinando la percentuale media di royalties anche sulla base della documentazione e delle affermazioni dei responsabili della società verificata.
La Ctr Lombardia (sezione di Milano) ha confermato la bontà dell’operato dell’Ufficio affermando che, sulla base di quanto riportato nel capitolo V della “datata” circolare ministeriale, un valore delle royalties tra il 2% ed il 5% può essere ritenuto in linea con il valore normale. Pertanto, secondo i giudici lombardi, la percentuale media individuata dai verificatori - pari al 3,5% - poteva essere considerata valida a tutti gli effetti. La sentenza sembra quindi confermare che i dettami della circolare del 1980 in tema di royalties, nonostante ormai risalenti nel tempo, possono continuare ad avere un ruolo rilevante per la verifica e la determinazione della natura arm’s length dei rapporti infragruppo, soprattutto qualora questi non risultino supportati da specifiche policy.