Sanzioni fino al 200% dell’imposta
I fornitori degli
Con la soppressione dei campi attraverso i quali è possibile richiedere la detassazione degli acquisti a tempo, i fornitori si troveranno sempre a dover gestire in modo oculato gli importi fatturati. Infatti, sarà a loro carico verificare di non “eccedere” rispetto agli importi indicati nella lettera d’intento, con l’emissione di fatture in regime di non imponibilità.
Eventuali errori saranno sanzionati pesantemente, in quanto trova applicazione la misura prevista dall’articolo 7, comma 3, del Dlgs n. 471/1997, ossia dal cento al 200% dell’imposta. Infatti, chi fattura senza applicare l’Iva superando l’importo riportato nella lettera d’intento si troverebbe, nella sostanza, ad aver effettuato operazioni senza addebito d’imposta in mancanza della dichiarazione d’intento.
Inoltre, si ricorda che il Dlgs n. 158/2015 ha modificato la sanzione prevista dall’articolo 7, comma 4-bis, Dlgs n. 471/1997, che va da 250 a 2.000 euro, comminabile ora nel caso in cui il fornitore effettui operazioni in regime di non imponibilità prima di aver ricevuto la dichiarazione d’intento e riscontrato telematicamente l’avvenuta presentazione all’agenzia delle Entrate.
La situazione può complicarsi ulteriormente se consideriamo che ciascun fornitore potrebbe trovarsi ad aver ricevuto più dichiarazioni d’intento da parte dello stesso esportatore abituale. Infatti, oltre a dover gestire gli importi fatturati in “esenzione”, nel rispetto delle richieste di cui alle singole dichiarazioni ricevute, dovranno essere posti in essere tutti gli altri obblighi richiesti dalla normativa, “sopravvissuti” anche dopo l’entrata in vigore del decreto semplificazioni (Dlgs n. 175/2014), col quale è stato trasferito in capo all’esportatore abituale l’onere d’effettuare la comunicazione telematica alle Entrate.
Infatti, il fornitore deve continuare a numerare progressivamente i documenti ricevuti e annotarli in apposito registro entro quindici giorni dal ricevimento, oltre a conservarli. In alternativa è possibile effettuare l’annotazione in apposita sezione dei registri di cui agli articoli 23 (registro delle fatture emesse) e 24 (registro dei corrispettivi) del Dpr n. 633/1972. L’omessa numerazione, annotazione o conservazione “costa” da 516 a 2.582 euro.
Il fornitore deve indicare nelle fatture emesse, oltre al regime di non imponibilità Iva, gli estremi della relativa dichiarazione d’intento. In caso di più dichiarazioni ricevute dal medesimo soggetto si dovrà quindi fare attenzione a richiamare quella corretta.
Infine, i documenti ricevuti devono essere indicati nel quadro VI della dichiarazione annuale. Anche in questo caso il possibile “proliferare” delle lettere d’intento non pare andare nel senso della semplificazione, ben potendo, al contrario, “offrire” più possibilità di errore agli operatori.