Scissione negativa ammissibile solo se bilanciata da una copertura
Il Consiglio e la Fondazione nazionale dei commercialisti hanno recentemente, approfondito, con la circolare del 19 luglio, il tema della scissione negativa: un’operazione atipica mediante la quale vengono assegnati, ad una o più società beneficiarie, elementi patrimoniali attivi e passivi, il cui saldo contabile presenta valore negativo, essendo il valore contabile delle attività assegnate inferiore rispetto al valore contabile delle passività.
Il fenomeno in oggetto ha un riscontro fattuale ricorrente: numerose sono infatti le realtà aziendali che manifestano valori contabili negativi ed al tempo stesso valori economici positivi del loro complesso aziendale, specialmente in contesti di riorganizzazioni e di ristrutturazione aziendali.
Occorre distinguere l’ipotesi in cui il patrimonio scisso, pur essendo negativo sotto l’aspetto contabile, presenti un valore reale positivo, da quello in cui anche il valore reale del patrimonio scisso risulti negativo.
In particolare, analizzando la prima ipotesi, si ravvisano due distinti orientamenti:
• una prima corrente ne ammette la validità, a condizione che la società beneficiaria sia già costituita e abbia riserve tali da coprire il netto contabile negativo ad esso assegnato, sempre che a fronte dei dati contabili negativi il valore economico del patrimonio netto sia positivo. Il Comitato notarile del Triveneto ha avallato tale tesi con la massima L.E.1., 9/2008, ritenendo l’operazione legittima se rispettosa di un duplice requisito: l’operazione sia attuata mediante la riduzione delle riserve o del capitale della beneficiaria in misura tale da assorbire il netto contabile ovvero mediante la rilevazione della minusvalenza;
• un secondo orientamento dottrinale ritiene ammissibile la scissione negativa anche in presenza di una beneficiaria neocostituita, qualora venga redatta una perizia di stima da parte di un esperto ex articolo 2501 sexies del Codice civile, che attesti l’esistenza di un valore contabile positivo in grado di fronteggiare il netto patrimoniale negativo.
Strettamente collegata a tale tematica è la questione sulla rivalutazione delle voci patrimoniali a valori correnti che la beneficiaria assumerà nel suo bilancio di apertura: una simile pratica, però, non sarebbe in linea con il principio di continuità dei valori contabili enunciato nell’articolo 2504-bis comma 4, Codice civile come richiamato nella scissione all’articolo 2506-quater, Codice civile.
Alle correnti di cui sopra si interpone un orientamento del consiglio notarile di Roma, del 2016 che distingue le operazioni in cui si intende operare una rivalutazione degli elementi patrimoniali assegnati (mediante una perizia che attesti l’effettivo valore corrente e che faccia emergere un valore corrente positivo degli elementi patrimoniale), da quello in cui si intenda mantenere in contabilità gli stessi valori precedenti la scissione. Nel secondo caso, sarà necessario soddisfare almeno una delle seguenti condizioni:
a) la società beneficiaria dovrà essere preesistente e possedere un patrimonio con saldo positivo idoneo ad assorbire il netto negativo;
b) la società beneficiaria dovrà trovarsi in stato di liquidazione e continuare ad esserlo anche successivamente.
La scissione negativa trova ampio riconoscimento anche nel documento Oic 4, a patto che il valore economico sia positivo e che la scissione abbia per beneficiaria una società già esistente.
Da ultima, la Cassazione (sentenza Cassazione 26403/2013) ha dichiarato l’inammissibilità della cosiddetta «scissione negativa a valore reale negativo», poiché si tratta di un’operazione priva di utilità economica per le società beneficiarie: non potrebbe sussistere, infatti, alcun rapporto di concambio.
Alla luce dei dibattiti dottrinali e giurisprudenziali, quindi, appare dubbiosa e poco praticabile una scissione contabilmente e “realmente” negativa dato che si realizzerebbe uno scopo diverso da quello cui la scissione dovrebbe essere preordinata, infatti, come affermano i giudici della Cassazione: «Potrebbe celarsi lo stato di decozione della società scissa, la quale beneficerebbe di una riduzione del proprio passivo e di contro non consentirebbe alla beneficiaria alcuna attribuzione di valori economici effettivi».
L’autore è un ex studente del Master tributario della 24 Ore Business school