Scissione societaria fuori dall’abuso del diritto
Scissione societaria meno a rischio di contestazione, grazie soprattutto ad alcuni interventi interpretativi delle Entrate.
Nella risoluzione 97/E del 25 luglio 2017, l’agenzia delle Entrate ha escluso l’elusività della scissione parziale proporzionale (a favore di una società beneficiaria di nuova costituzione che avrà per oggetto l’esercizio di attività di gestione di beni immobili) seguita dalla cessione delle partecipazioni della società scissa, rimasta titolare del complesso aziendale.
L’amministrazione, dopo aver ricordato che la circolazione di un’azienda (o di un ramo d’azienda) può avvenire attraverso una cessione «diretta» o una cessione «indiretta» (ovvero mediante la cessione delle partecipazioni), ha evidenziato che questi due diversi regimi fiscali, limitatamente alla circolazione dell’azienda, sono alternativi e aventi pari dignità fiscale e, pertanto, il vantaggio fiscale così ottenuto non può qualificarsi di per sé come indebito.
L’agenzia delle Entrate subordina l’assenza dei profili di abuso del diritto all’esistenza di «effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante.
Inoltre, non deve trattarsi di società sostanzialmente costituite solo da liquidità, intangibles o immobili, bensì di società che esercitano prevalentemente attività commerciali». Secondo questa affermazione, se a essere ceduta dopo la scissione è la società immobiliare, potrebbe tornare applicabile la normativa sull’abuso del diritto. Questo però stride con la premessa di partenza condivisa dall’Agenzia secondo cui il risparmio di imposta derivante dalla cessione delle partecipazioni non è mai contrario alle norme del sistema, essendo controbilanciato dal mancato riconoscimento del costo fiscale dei beni in capo all’acquirente. Su questo aspetto si attendono quindi ripensamenti.
Nella successiva risoluzione 98/E del 26 luglio 2017 è stata ritenuta non abusiva la scissione parziale non proporzionale di una società di gestione immobiliare che ha attribuito una parte dei propri immobili alla società beneficiaria.
In primo luogo viene chiarito che non vi sarebbero i presupposti per l’elusione perché il passaggio del patrimonio della società scissa a una o più società beneficiarie non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa e quindi gli eventuali plusvalori relativi ai componenti patrimoniali trasferiti concorreranno alla formazione del reddito secondo le ordinarie regole al momento in cui i beni saranno ceduti/assegnati.
Poiché l’operazione riguarda gli immobili, la seconda cautela che viene espressa riguarda la creazione di società di mero godimento, destinate a rinviare sine die la tassazione delle plusvalenze latenti. Nella definizione del mero godimento viene però in aiuto la risoluzione stessa, nella quale si afferma che «la società beneficiaria non può essere di per sé considerata alla stregua di una società di mero godimento dei beni immobili di cui è titolare, dal momento che i beni vengono (…) utilizzati per lo svolgimento dell’attività di locazione (ancorché nei confronti dei soci) che genera reddito di impresa».
Se valgono queste considerazioni, l’attività di mero godimento viene ad assumere connotazioni marginali, risultando confinata ai casi di immobili non locati o locati ai soci a corrispettivi non significativi.
Per approfondire:
Testo unico delle imposte sui redditi di Primo Ceppellini e Roberto Lugano