Controlli e liti

Se viene chiesta l’udienza è nulla la causa decisa in camera di consiglio

Il giudice non ha attivato il collegamento da remoto né rinviato la trattazione

di Giulia Pulerà

È nulla, per violazione del diritto al contraddittorio, la sentenza di merito resa in camera di consiglio, se il contribuente ha fatto istanza per la pubblica udienza. I giudici, infatti, non hanno disposto l’udienza da remoto, ma hanno deciso sulla base degli atti a disposizione. Ad affermare il principio è la Ctr Lombardia (presidente Pezza, relatore Baldi) con sentenza n. 4406/11/2021, depositata il 13 dicembre scorso.

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento con il quale l’ufficio prima contestava alla società contribuente lo storno di un debito verso fornitori e poi riqualificava tale importo come sopravvenienza attiva (ai sensi dell’articolo 88, comma 1 del Tuir).

La contribuente impugnava il provvedimento e, risultando soccombente all’esito del giudizio di primo grado, proponeva appello davanti alla Ctr, censurando la nullità della sentenza per violazione del diritto al contraddittorio in base all’articolo 27 del Dl 137/2020. La commissione di primo grado, infatti, decideva in sede camerale, nonostante fosse stata richiesta la discussione in pubblica udienza. L’agenzia delle Entrate, sul punto, resisteva in giudizio, argomentando sulla non obbligatorietà della discussione orale.

Il collegio adito, accolta l’eccezione preliminare della contribuente, ha dichiarato la nullità della sentenza per manifesta violazione del diritto al contraddittorio alla luce dell’articolo 27. La Ctr ha innanzitutto rilevato che la contribuente avesse regolarmente richiesto la pubblica udienza.

La normativa prevede che nel processo tributario le udienze pubbliche possono svolgersi da remoto o, in alternativa, «passano in decisione sulla base degli atti, salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza».

Ne deriva, quindi, che la decisione assunta in camera di consiglio sia possibile solo quando nessuna delle parti abbia richiesto la discussione in pubblica udienza. Solo nel caso di impossibilità ad assicurare l’udienza pubblica, la norma dispone la trattazione scritta, con la fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell’udienza per il deposito di memorie conclusionali. Quando non si possa garantire il rispetto di tali termini, la controversia deve essere rinviata a nuovo ruolo.

Nel caso in esame, il collegio ha accolto l’appello della contribuente, dal momento che, pur a fronte dell’espressa richiesta di pubblica udienza, il giudice di primo grado non ha provveduto né al collegamento da remoto, tanto meno a rinviare l’udienza per consentirne la trattazione in presenza. Peraltro, la lite era stata decisa con rito camerale senza la concessione del termine di legge per la trattazione scritta. Per tali ragioni, il giudice di appello ha rimesso gli atti alla commissione provinciale affinchè decida nuovamente.

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