Controlli e liti

Seconda chance per i documenti depositati tardivamente in primo grado

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di Emilio de Santis

I documenti depositati tardivamente in primo grado possono essere prodotti in appello. Qualora una parte ometta, nel corso del giudizio di primo grado, di rispettare il termine perentorio dei 20 giorni liberi prima della data della trattazione (articolo 32, comma 1, del Dlgs 546/1992) per il deposito dei documenti, nel giudizio di appello possono essere efficacemente acquisiti al fascicolo processuale, sempre nel rispetto dello stesso termine. Perché ciò è specificatamente previsto dall’articolo 58, comma 2, del Dlgs 546/1992 («è fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti») e perché è applicabile, anche nel giudizio di appello, il termine dei 20 giorni prima dell’udienza per il deposito, in forza del richiamo operato dall’articolo 61 del decreto. Lo afferma la sentenza 27474/2016 della Cassazione nel respingere il ricorso del contribuente contro la pronuncia di secondo grado, che aveva accolto l’appello proposto da un Comune contro la decisione della Ctp. Rilevata la tardività del deposito dei documenti comprovanti la notifica di avvisi di accertamento Ici (dal 1998 al 2002), prodromici alla cartella di pagamento impugnata dal contribuente, quest’ultima aveva dichiarato la decadenza dell’esercizio del potere di accertamento ai sensi dell’articolo 11 del Dlgs 504/1992.

La Suprema corte osserva che, attesa la specialità del rito tributario, non è consentito «un automatico rinvio formale all’articolo 345 del Codice di procedura civile e alle condizioni ivi previste di ammissibilità di nuove prove documentali in grado di appello», e il richiamato articolo 58, se da un lato esclude l’ammissibilità di nuove prove rispetto a quelle già acquisite nel giudizio di primo grado (salvo che la parte non dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio), dall’altra stabilisce che i documenti possono essere prodotti liberamente in appello «a nulla rilevando l’eventuale irritualità della loro produzione in primo grado».

Valutati come infondati il secondo motivo del ricorso – vizi per omessa notificazione dell’atto presupposto – e il terzo – per non avere l’appellante notificato l’appello al concessionario, nei confronti del quale il ricorso introduttivo del giudizio era stato notificato –, i giudici di legittimità hanno dichiarato inammissibile il quarto. Questo verteva sulla nullità della cartella di pagamento, ove non fossero indicati l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela, ma la Cassazione ricorda che «la cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati - come nel caso di specie - agli agenti della riscossione in data anteriore al 1° giugno 2008, non è affetta da nullità, atteso che l’articolo 36, comma 4-ter, del Dl 248/2007, convertito nella legge 31 del 2008, ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere da tale data».

Cassazione, sentenza 27474/2016

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