Controlli e liti

Sentenze digitali, a rischio il principio della parità tra le parti in causa

L’allarme di Aidc Milano: le Entrate hanno libero accesso a tutti i provvedimenti, mentre il contribuente solo al proprio fascicolo

di Ivan Cimmarusti

Necessario garantire il «principio della parità delle parti» e consentire anche a commercialisti e avvocati «il pubblico accesso alle sentenze tributarie».

La richiesta dell’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili di Milano (Aidc) trova l’appoggio di tutti i professionisti. Perché di fatto a partire da 1° giugno prossimo – come da decreto del ministero dell’Economia e delle finanze – entrerà in vigore in tutte le Commissioni tributarie italiane la sentenza digitale (da oggi attuata solo a Roma e nel Lazio), con l’effetto che tutto questo materiale finirà sulla piattaforma gestita da Sogei, partner informatico del Mef.

Il presidente di Aidc, Edoardo Ginevra, ha precisato che «oltre ai giudici e ai segretari delle commissioni tributarie hanno accesso agli atti del fascicolo e alle sentenze soltanto le parti del processo. Questo significa che una delle due controparti (il contribuente) ha accesso soltanto al suo fascicolo; mentre l’altra parte (agenzia delle Entrate), partecipando a tutti i giudizi tributari, può avere accesso a tutti i fascicoli di causa».

Aidc parla di «vantaggio competitivo» per l’ente diretto da Ernesto Maria Ruffini, con «conseguente insopportabile squilibrio nel processo tributario». Stando a Ginevra si tratterebbe di una lesione del principio di parità fra le parti del processo, che «comporterebbe una violazione dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo» e «degli articoli 3 e 24 della Costituzione».

Ogni problema di riservatezza è, a parere di Aidc, concretamente risolto dal recente decreto ministeriale che disciplina le sentenze tributarie digitali allorché prevede, all’articolo 4 del Dm 6 novembre 2020, che «ai fini della redazione del provvedimento giurisdizionale digitale collegiale l’applicativo Pgd consente di disporre l’oscuramento dei dati personali, ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 recante il Codice in materia di protezione dei dati personali».

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